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Il maestro giardiniere
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“Il maestro giardiniere”: Paul Schrader racconta la redenzione senza retorica

Un passato oscuro ed incancellabile, una vita solitaria, la redenzione attraverso una giovane figura da aiutare: nel suo ultimo film, Il maestro giardiniere, Paul Schrader si focalizza nuovamente su questi aspetti (già affrontati nelle pellicole precedenti, come First Reformed e Il collezionista di carte), ma senza scadere nella ripetizione, con una narrazione asciutta e coinvolgente.

Il protagonista è Narvel Roth (Joel Edgerton), un ex suprematista bianco: prima di pentirsi e di entrare in un programma di protezione testimoni, ha commesso molti crimini violenti. Ora vive nei Gracewood Gardens (Louisiana), dove lavora come orticoltore, occupandosi di ogni fiore e di ogni pianta con grande meticolosità. L’uomo di notte ha gli incubi, il suo passato lo tormenta, ed appunta sul suo diario ogni pensiero della sua vita ed ogni nozione sulle piante. Un giorno arriva nell’azienda Maya (Quintessa Swindell), la pronipote della proprietaria, la possessiva Norma (Sigourney Weaver): la ragazza viene affiancata a Narvel affinché esca dal brutto giro che frequenta. Tra questi due emarginati il rapporto si fa sempre più forte e l’oscuro passato di entrambi si stempera: dagli incubi si passa ai sogni (ma non senza difficoltà).

Il maestro giardiniere è un film ricco di particolari: come ogni pianta dei giardini di Gracewood, l’opera è densa di venature e di dettagli. Come un fiore visto da lontano sembra semplice e man mano che ci si avvicina ad esso si colgono le tante sfumature presenti, lo stesso vale per il film: tanto più si entra nella storia, tanto più si colgono quei particolari della vicenda e dei protagonisti che, all’inizio, non vengono percepiti. La regia è rigorosa, solida: svolte narrative, inquadrature, movimenti di macchina ed ambienti sono curati con massima precisione affinché lo spettatore si radichi nella vicenda (come un albero nella terra). Un film sul peso del passato, sulla speranza della redenzione: le vite dei protagonisti sono spezzate ed essi sono intrisi nella solitudine (altro tema importante per Schrader, presente sin dalla sceneggiatura scritta per Taxi Driver). Ma l’incontro delle due solitudini di Narvel e Maya porta alla nascita di nuove luci: i diner ed i motel che ricordano le tele di Edward Hopper cominciano a sembrare meno freddi e la strada della vita può tornare a fiorire, seppur attraverso tanti rovi e spine. Presentato fuori concorso alla 79ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia (2022), Il maestro giardiniere racconta la redenzione senza retorica, con quella efficace schiettezza che Schrader ha sempre ricercato.

Silvio Gobbi

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