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La cerimonia del 25 Aprile
La cerimonia del 25 Aprile

25 Aprile: ricordata la figura di Augusto Filippi, una delle vittime al ponte di Chigiano

Quest’anno, in occasione della cerimonia del 25 Aprile, per il 79esimo anniversario della Liberazione, la sezione Anpi di San Severino e il Comune hanno ricordato – fra l’altro – la figura del partigiano Augusto Filippi.

Assieme a Gaia Gennaretti, giornalista e pronipote di Filippi, scopriamo chi era e cosa ha fatto Augusto durante il periodo della Resistenza.

“Augusto Filippi – racconta Gaia Gennaretti – nacque il 4 maggio 1924 dai miei bisnonni Vincenzo Filippi e Ida Morici, a Serra San Quirico, in provincia di Ancona; aveva tre sorelle: Maria, mia nonna Elda e Bianca. Una volta raggiunta l’età per poter lavorare era diventato ferroviere. Quando si formò la Repubblica Sociale di Salò e i tedeschi della Wehrmacht entrarono in Italia occupando gran parte della Penisola, lo zio Augusto aveva circa 18 anni e lavorava già come ferroviere.

Nonna Ida raccontava che, quando iniziarono le deportazioni degli ebrei a bordo dei treni, lui cercava di ritardare le partenze di questi convogli fingendo guasti e malfunzionamenti di ogni sorta. Poi venne scoperto dai tedeschi e dovette fuggire verso la montagna. Fu così che il 18 settembre 1943 si arruolò come partigiano con il gruppo “Lupi di Serra” che si insediò inizialmente sul monte Sassone.

Tale unità era composta dal comandante, Goffredo Lucarini, dal vicecomandante, Augusto Filippi, e dai partigiani Gioacchino Bernabucci, Angelo Biagioli, Piero Ferretti, Renato Fortuna, Aglauro Lucarini e Rosolino Lucarini.

La mia famiglia era convintamente antifascista tanto che anche mia nonna Elda e sua sorella Bianca avevano preso parte, nel loro piccolo, alla Resistenza facendo da staffette: portavano il cibo ai partigiani e nonna Ida raccontava che una volta vennero arrestate dai tedeschi e portate in
caserma. Dovete sapere, poi, che lei era una donna temibile, arcigna e molto severa e quando seppe che le figlie erano state arrestate si recò in quella caserma e iniziò a urlare e sbraitare finché non ottenne il rilascio di Elda e Bianca. La verità, probabilmente, è che riuscì a liberarle perché i
tedeschi non avevano alcuna prova del loro coinvolgimento.

Nel marzo del 1944 il battaglione di cui faceva parte Augusto Filippi stazionava nella zona di Chigiano-Valdiola e, nella tarda notte tra il 23 e il 24, giunse l’allarme di un imminente attacco proveniente da sud.

Quattro Battaglioni – composti da fascisti e tedeschi – stavano avanzando tra le montagne.

Augusto con le sue tre sorelle

Nonna Ida raccontava che i fascisti e i nazisti avevano ricevuto una soffiata da parte di alcuni traditori locali (ovviamente anch’essi fascisti) sulla presenza dei battaglioni di partigiani in quella zona. L’esercito nazista attaccò quindi i partigiani su un fronte molto vasto: i reparti avanzavano da Matelica su Braccano, da Castelraimondo su Gagliole e da San Severino su Chigiano.

La prima postazione a cadere fu quella di Braccano e, a seguire, fu la volta di Roti, dove perse la vita il capitano partigiano Salvatore Valerio. La caduta di Roti lasciò scoperta la località di Valdiola, nella quale avevano ripiegato gli uomini del battaglione Mario. Augusto Filippi fu tra i sei partigiani che vennero presi dai nazisti quella notte, torturati e falciati a colpi di mitra contro il parapetto del ponte di Chigiano e poi gettati nel sottostante greto del Musone.

Il corpo del mio prozio venne ritrovato proprio accanto a quello di un altro giovane, lungo il letto del fiume.

Uno dei racconti più frequenti di nonna Ida, riguardava proprio la notte in cui Augusto Filippi venne ucciso: lui le apparve in sogno e le disse “mamma aiutami, ho tanto freddo”.

Anni dopo, in sua memoria, a nonna Ida venne consegnata una medaglia per il sacrificio di suo figlio e il Comune di Serra San Quirico gli intitolò la piazza principale, dove si affacciava l’abitazione della famiglia.

Tutt’oggi esistono la piazza Augusto Filippi e una targa affissa vicino al portone di casa che da circa 20 anni non appartiene più alla mia famiglia”.

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