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“Tatami”, il film di Guy Nattiv e Zar Amir Ebrahimi

Per il popolo iraniano, ogni giorno è uno scontro con il regime nato nel 1979: i fatti di cronaca abbondano e gli iraniani sono continuamente vessati, imprigionati, processati, torturati e uccisi in maniera arbitraria, senza garanzie né diritti, dalla Guida Suprema che tutto controlla e decide. In questa criminale piramide di potere, le donne occupano il gradino più basso e devono combattere di più per andare avanti e vivere. Questa lotta è dura, senza esclusione di colpi, come lo è la vita di Leila Hosseini (Arienne Mandi), lottatrice giunta a Tbilisi (Georgia) per il torneo mondiale femminile di judo. La giovane Leila si reca al campionato insieme all’allenatrice Maryam Ghanbari (Zar Amir Ebrahimi), ed all’intera squadra nazionale, in rappresentanza della Repubblica Islamica dell’Iran. Leila è forte, determinata, una macchina da lotta irrefrenabile capace di battere ogni avversaria, ma durante la gara arriva il monito dalla federazione di judo iraniana: la ragazza deve abbandonare la competizione, perché la Guida Suprema dell’Iran non vuole che si batta con un’atleta israeliana. Leila è lacerata dalla rabbia: vuole combattere per vincere, per dimostrare il proprio valore, per la medaglia d’oro, per la sua famiglia e per l’Iran, ma la polizia iraniana minaccia (verbalmente e fisicamente) lei e i suoi familiari affinché si ritiri. Oltre a Leila, anche l’allenatrice Maryam subisce le stesse pressioni: le due donne si troveranno così a portare avanti tanto le lotte sul tatami (il materasso che occupa il ring del judo) quanto quelle per la loro libertà.

Tatami è incentrato su questa drammatica vicenda, ed è diretto dal regista israeliano Guy Nattiv e dall’attrice iraniana Zar Amir Ebrahimi, nota per aver recitato in Holy Spider, di Ali Abbasi, vincendo il “Prix d’interprétation féminine” al Festival di Cannes 2022. Tatami è stato presentato nella sezione “Orizzonti” alla 80ª edizione della Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia 2023, ed è un film dove la lotta sul ring è la rappresentazione della lotta quotidiana delle protagoniste contro il regime liberticida: una dura prova di forza continua, dove l’avversario, il regime dell’ayatollah, è costantemente pronto a strozzare la vita di ogni suo suddito. Leila combatte, abbatte le avversarie, e la regia segue con dinamismo ed efficacia ogni incontro: ogni mossa sul tatami è un pugno che Leila dà alla Guida Suprema, ogni presa di judo è uno schiaffo verso quel governo che vorrebbe invece vederla remissiva, mansueta e pronta a perdere il proprio onore per ubbidire al capillare sistema di controllo iraniano. Leila si scontra con Maryam, ma entrambe sono vittime del regime: lottano, ma non sanno che fare, andare avanti nella gara o cedere alle minacce? La Guida Suprema non accetta compromessi, non conosce sfumature, vede solo bianco e nero, come bianco e nero sono i colori scelti per la pellicola; inoltre, il formato 4:3 dona un senso di soffocamento allo spettatore, per cercare di far respirare al pubblico la poca aria che respirano le protagoniste a causa del loro scellerato governo. Colpo dopo colpo, Leila e Maryam cercano di evadere dalla gabbia dell’ayatollah e di liberarsi dell’hijab ormai asfissiante: Tatami, tramite una storia ben scritta ed una regia che sa tenere il ritmo, è una riuscita fusione di tecnica cinematografica e messaggio politico, una schietta ed efficace opera di denuncia.

Silvio Gobbi

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