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Il mancino Eric Gales
Il mancino Eric Gales

Scarponi: “Festival Blues, oltre il brand la sostanza”

In un’intervista concessa a Esquire, Keith Richards ha dichiarato che la forza del Blues, in particolare di quello più essenziale e diretto, è ancora incredibilmente potente. «Tutto, dal jingle più inutile al rap, al Pop è influenzato dal blues», ha affermato il chitarrista dei Rolling Stones: «In pratica, penso che il Blues sia l’unica musica Originale esistente».
Già, ma quanti lo sanno? Quanti settempedani confondono questa rassegna nata 31 anni fa con un tradizionale festival di musica: in primis quelli che sono attualmente al governo della città da 6 anni e poi tutti coloro che sparlano di Estate settempedana, mischiando questa “eccellenza” in mezzo a una sfilata di moda, un festival della risata, una sagra e cosi via.
Proviamo a spiegare ancora meglio il valore culturale di questo genere musicale che, come dice Richards, ha generato tutta la musica contemporanea compreso il Rock.

“Il blues è la forma poetico-musicale degli schiavi africani e dei loro figli nati in terra americana alla fine dell’Ottocento. Tradizionalmente è una forma di musica vocale e strumentale e costituisce una delle prime espressioni musicali originali che si sono sviluppate negli Stati Uniti d’America dalla combinazione di elementi della cultura rurale dei neri con aspetti della tradizione europea”. Da Treccani per ragazzi.

“Grazie al suo potere generativo e alla sua capacità di attrarre e influenzare altre musiche, a lungo andare si è conquistato un soprannome forte: la madre di tutte le musiche”. Da Wikipedia.

Premessi questi appunti storici, che ci fanno capire il mix di valori che s’incontrano con questa musica (emarginazione, lavoro, schiavitù, evoluzione del sound fino ad arrivare a vera e propria ispirazione creativa), guadiamo ciò che avviene nel nostro piccolo ambito.

Ricordo il primo festival al Castello al monte, scelta fatta per puntare i fari su un monumento storico del nostro paese, ma anche sulla necessità di ottenere un recupero di questi luoghi in parte ancora oggi puntellati e chiusi al pubblico. Quella sera (era il 1991) si esibì la “Laster Bowie Orchestra”, un formidabile gruppo americano che regalò al pubblico una grande serata. Il giorno dopo i nostri occhi guardavano con piacevole stupore alcuni di questi musicisti girare per il borgo intenti ad ammirare la bellezza e a fare foto.

Morale: la combinazione location-musica di qualità aveva funzionato. L’idea era quella di stimolare una rassegna che andava oltre i soliti schemi di serate organizzate nel nostro piccolo Comune. Per trovare la formula giusta furono contattati due professionisti che all’epoca organizzavano eventi musicali come Sferisterio Jazz: il compianto Rodolfo Craia e Mauro Binci, attuale direttore artistico e organizzatore di lungo corso. Si deve anche alla tenacia di quest’ultimo e alle Amministrazioni di vario colore politico e ai tanti Assessori alla cultura che si sono succeduti, se questo Festival è durato così a lungo. La presenza in passato di grandi artisti internazionali come John Mayall, Joe Jackson, Patty Smith, Suzanne Vega, Robben Ford, Incognito, Mike Stern, Willy Murphy,  Blues Brothers nel 2002, Stewart Copeland (batterista dei Police), Pat Metheny, ha fatto decollare la rassegna a livello nazionale. Serate con grande pubblico qualificato, proveniente da tutta Italia, hanno generato la crescita del “marchio Blues”, ma anche promosso la nostra città e i suoi luoghi monumentali, in primis la Piazza.

Poi nell’ultimo decennio sono diminuiti i finanziamenti fino ad arrivare a questi ultimi anni dove le risorse sono state dirottate verso altre serate più “leggere” come Panariello e, ultimo, Mamhood (costato 25 mila euro). Scelte che hanno di fatto svilito un Festival affermato e saggiamente veicolato in diversi Comuni limitrofi, a vantaggio di interscambio di pubblico e di cultura; un prolungamento del festival e infine una promozione per la città.

Una promozione veicolata con i social, la stampa i manifesti eccetera su un vasto territorio regionale, insomma una campagna pubblicitaria indiretta (il festival si chiama San Severino blues) per circa 2 mesi.

Quest’anno per ascoltare Eric Gales sono giunte persone dal Veneto e dall’Emilia.

Una proposta collaudata: un mix di sonorità, radici di canti sul lavoro, canti di speranza e le location storiche rappresentano una scelta politica netta, senza ambiguità, fuori dalle logiche del “facciamolo tanto per farlo”. Quello che si continua, se ben fatto, si fa per il paese e non si decide in base al proprio gradimento o alla propria formazione musicale. Questo non è cambiare è non capire l’importanza di certe iniziative culturali e un Marchio ormai affermato.

Mi permetto di avanzare una proposta ai gruppi consiliari: si presenti una mozione in Consiglio e si voti per riconoscere il valore di questa rassegna e la possibilità di un suo potenziamento.

Claudio Scarponi

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