Per celebrare il 25 aprile 2022 abbiamo scelto i versi del poeta marchigiano Franco Matacotta (Fermo 1916–Genova 1978), che è uno dei maggiori autori del Novecento. Alla seconda guerra mondiale e alla lotta partigiana egli ha dedicato due raccolte poetiche intitolate Fisarmonica rossa e Canzone di libertà, nelle quali usa un linguaggio duro e tagliente, fatto d’immagini cariche di dolore e di sconforto e di fronte alle lotte civili che egli sente come ferite sulla pelle. Il rosso del sangue diventa il filo conduttore di una realtà segnata da persecuzioni e distruzioni, dilaniata dagli odi e dalla sofferenza di tutte le classi sociali e soprattutto di quelle più povere. Nei suoi versi Matacotta racconta l’esperienza di un giovane partigiano che nella Marca fermana vive a contatto quotidiano con la morte, circondato dal silenzio delle coscienze: l’uomo è come “murato”, non parla e non guarda. Questa atroce fissità e desolazione diventa la fotografia del baratro di dolore e di morte nel quale è precipitata l’Italia sconvolta dalle logiche spietate della guerra, che egli non giudica una conseguenza ma una causa del disprezzo per la vita, dell’odio e dell’assenza di giustizia sociale. Matacotta usa la poesia per porre delle domande destinate a rimanere senza risposta, perché non ci sono soluzioni di fronte a una realtà segnata dalle persecuzioni, dalle torture, dal vilipendio dei cadaveri, dall’assenza di solidarietà e di pietà, dove chi era un amico può diventare un nemico da combattere, perché la guerra civile spezza l’universo dei rapporti sociali consolidati e produce schieramenti contrapposti, violenze intestine, spaccature all’interno dello stesso gruppo sociale. Il poeta spera che il Paese possa rinascere e riconquistare la libertà e guarda con fiducia ai giovani impegnati nella lotta partigiana, perché sono i testimoni di quei valori e diritti che un giorno saranno garantiti dalla Costituzione repubblicana, perché, dopo tanto dolore, essi hanno riconquistato una fede e ritrovato un nome: si chiama “libertà”.
La Resistenza assume in Italia un volto diverso rispetto alla lotta contro il nazismo condotta in altri Paesi europei, perché nel movimento di liberazione italiano sono confluite tutte le forze politiche antifasciste, dai liberali ai monarchici, dai socialisti ai comunisti, dagli azionisti agli anarchici, dai democristiani ai repubblicani. Tenere insieme formazioni politiche così diverse non è stato certamente facile, ma è stato possibile per l’azione di guida e di coordinamento svolta dal Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia e dai Comitati di Liberazione locali. La lotta vittoriosa contro il nazifascismo si è raggiunta anche per l’apporto delle forte armate regolari italiane e delle armate angloamericane. Non deve essere nemmeno sottovalutata la Resistenza civile condotta dalla popolazione delle città e delle campagne, poiché è innegabile che l’appoggio alla lotta partigiana dato dalla società civile non ha paragoni in Europa, una collaborazione che è pagata con un alto numero di vittime civili. Nell’attuale fase storica il Movimento di Liberazione non può più limitarsi a una rievocazione e celebrazione della guerra partigiana, ma deve costituire una presenza vigile e attiva per la difesa della libertà e della democrazia nel nostro Paese. (A. P.)
Canto popolare del patriota marchigiano
Fucile e baionetta l’ho gettato
Sputando sangue e fiele ad una svolta
Al mio paese sono ritornato
Per riabbracciare i cani d’una volta.
Ah più non credo, più non spero in nulla.
Troppe certezze sono già cadute.
Addio, vacca rognosa, o Roma, culla
D’angeli neri e rosse prostitute.
E qua chi cerco? Dove sono i campi
Perduti nei crepuscoli viola?
Nel fragoroso turbine dei lampi
Ritrovo la mia casa vuota e sola.
Sono fuggiti mio padre e mia madre
Fuggito è il gatto, fuggito il cavallo.
Salvo allo scempio delle folle ladre
È restato a cantare solo il gallo.
Almeno nelle botti il vino austero
Fosse rimasto alla mia gola secca.
Presso la chiesa un cane magro e nero
Su una chiazza di sangue a lungo lecca.
Trac! Dalla finestra dirimpetto
Qualcuno ha sventagliato la mitraglia.
Un ragazzo col capo entro il petto
Sanguina in mezzo al fango ed alla paglia.
Madonna mia, Gesù. Una donna ha urlato
Nel labirinto fetido dei vicoli.
La succosa nipote del curato
Sta alla finestra per rifarsi i riccioli.
L’amico sputa fuoco sull’amico.
Il fratello è in agguato del vicino.
E devo torturarmi se il panìco
Non c’è più per sfamare il canarino?
No, non posso più piangere, non posso
Più gridare né a Cristo né alle stelle.
Che colpa abbiamo se ci scroscia addosso
La risata frenetica e ribelle?
Siamo accecati d’odio e di dolore.
Mordiamo a sangue l’aria dura e avara.
Ma per salvarti abbiamo ancora il cuore,
O Italia, cagna nera, patria cara!
Ballata del partigiano
Non riconosco mio padre e mia madre
Non ricordo più il mio nome
Io sono nato in mezzo alle squadre
Non so quando né come.
Ieri ero un fanciullo
Giocavo alle stelle e alla vita
Oggi il mio solo trastullo
E’ la pallottoliera del mitra.
Cammino sopra la terra
Come su un pavimento di lampi
All’odio e al dolore fo guerra
Non c’è nessuno che scampi.
Faccio io saltare i ponti
E spezzo le strade ferrate
Io taglio i fili dei monti
Atterro le tigri blindate.
Col riso di gelatina
Faccio schiantare i colossi
Con lagrime di benzina
Accendo i bengala rossi.
Non so perché né come
Ho ancora fede e bontà
Ho ritrovato il mio nome
Mi chiamo Libertà.