È con grande rammarico che apprendiamo del trasferimento della Madonna della Pace del Pinturicchio presso il nuovo Museo dell’Arte Recuperata. Quest’opera è intrinsecamente legata alla storia della città di San Severino, perché appositamente commissionata dal priore Liberato Bartelli per l’altare della propria famiglia, situato nell’antica Cattedrale di San Severino al Monte (Paciaroni, 2014). Dopo una serie di vicissitudini, che per oltre un secolo sottrassero l’opera alla fruizione dei cittadini settempedani, la tavola fu restituita al pubblico grazie a un lungimirante accordo di valorizzazione delle proprie opere, stipulato nel 1974 tra il Capitolo della Cattedrale di San Severino e l’Amministrazione comunale, in funzione del quale fu creata la Pinacoteca comunale “Tacchi Venturi” con sede a Palazzo Manuzzini in via Salimbeni.
Questo progetto espositivo, inscritto nel segno dell’identità culturale della città e strettamente riconducibile ad una comune matrice devozionale, politica e sociale, non porta un’unica firma. È un’eccellenza unanimemente riconosciuta perché è un risultato collettivo, un affinamento progressivo, costante e continuo, operato per volontà di molti e con il contributo scientifico di grandi esperti. Nell’arco di cinquant’anni vi sono state investite ingentissime risorse pubbliche, grazie alle quali è esplosa l’attenzione sul valore della scuola pittorica locale dei Salimbeni e di Lorenzo d’Alessandro, delle influenti botteghe dei maestri intarsiatori Indivini e Acciaccaferri e degli straordinari influssi apportati dai più noti pittori attivi in tutt’Italia come Allegretto Nuzi, Paolo Veneziano, l’Alunno, Vittore Crivelli, lo Scarsellino e naturalmente il Pinturicchio. Questi capolavori rappresentano una tangibile testimonianza dell’influenza politica, economica e sociale dei prestigiosi committenti che hanno voluto legare i loro nomi alla comunità cittadina, religiosa e civile. Testimone della volontà politica del Priore Liberato Bartelli di legare il proprio casato alle sorti della città ed alla sua prestigiosa cattedrale, il capolavoro del Pinturicchio dovrebbe allora essere al più presto reintegrato nella Pinacoteca civica settempedana.
Non a caso, il Nuovo Museo dell’Arte Recuperata ha scelto di adottare la stessa filosofia espositiva dedicando una sala ad ogni città o comunità proprio per salvaguardare e non stravolgere quel vivido dialogo identitario che lega le opere al territorio ed alla comunità di appartenenza; un dialogo stratificato nella memoria delle pratiche sociali e devozionali e dunque nella capacità della popolazione di autorappresentarsi e riconoscersi nelle proprie radici culturali. Si tratta di uno straordinario e pregevole investimento, realizzato grazie ai contribuenti europei per supportare le comunità ferite dal sisma.
Proprio per questo motivo la Madonna della Pace sembra stridere con l’impianto espositivo del nuovo Museo. La preziosa tavola, sottratta al suo naturale contesto, è posizionata in una sala dedicata che dovrebbe enfatizzarne la sua essenza di capolavoro. Appare invece isolata, quasi un corpo estraneo rispetto alle altre opere esposte. È evidente a tutti, infatti, che nulla ha a che fare con le tristi vicissitudini del sisma, considerato che la pinacoteca di provenienza è uno dei pochi musei del cratere rimasto miracolosamente illeso ed aperto al pubblico. Nelle altre sale del MARec, infatti, il visitatore è coinvolto da una tensione artistica straordinaria, perché può tangibilmente cogliere il fitto dialogo tra opere accomunate da una consuetudine reciproca e dal vissuto drammatico del sisma. L’unico legame del capolavoro con Palazzo Scina Scentili che lo ospita è la proprietà del Capitolo della Cattedrale di San Severino che a sua volta dipende dalla Diocesi. Più che altro si è voluto utilizzare il capolavoro come attrattore per i visitatori, affermano in molti. Il rischio è però quello di sminuire il valore delle altre opere e la filosofia espositiva del MARec, che è invece la novità ed il vero punto di forza di questo nuovo straordinario museo. Lo sforzo di salvare il lascito culturale del passato per rafforzare il radicamento di una comunità al proprio territorio è il vero attrattore che ha catalizzato l’interesse della stampa, al di là dell’eccezionale valore artistico delle opere esposte.
Chiediamo allora che Sua Eccellenza il Vescovo possa rivedere la decisione di spostare definitivamente il capolavoro del Pinturicchio al MARec, evitando così di disarticolare l’impianto espositivo della Pinacoteca civica comunale Padre Tacchi Venturi che lo ha ospitato per quasi 50 anni e sulla quale dal 1974 tutta la collettività ha investito sforzi straordinari e significative risorse. Con la stagione delle grandi mostre sono stati finanziati approfondimenti storico-artistici, esposizioni, cataloghi d’arte e importanti investimenti promozionali che hanno dato grande visibilità a questo scrigno d’arte e a tutte le opere in esso esposte, indipendentemente dal loro certificato di proprietà. Più recentemente ampliato e aggiornato è considerato oggi uno dei siti museali più all’avanguardia della regione per i moderni allestimenti che consentono un’esplorazione virtuale delle opere ed un’esperienza multisensoriale completa, accessibile anche a visitatori ipovedenti i quali, grazie a didascalie in braille e riproduzioni tridimensionali, possono oggi ammirare anche la serafica bellezza della Madonna della Pace.
- L’opera in mostra a Torino nella sala d’apertura (2015)
Ci si consenta quindi di dissentire dalle scelte imposte o suggerite dagli specialisti di cui la Diocesi si è avvalsa e soprattutto ci sia consentito ricordare il prestigio, la ricchezza e la straordinaria coerenza storico culturale dell’impianto espositivo della nostra civica pinacoteca, le cui opere rievocano il vissuto devozionale, sociale e politico della città, in una stringente sintesi della memoria collettiva, dotata di una propria inscindibile unicità. Sia il Codice dei Beni culturali che le più recenti teorie conservative concordano infatti nella necessità di evitare qualsiasi smembramento di raccolte pubbliche e anche private dotate di una propria coerenza.
Ci auguriamo allora che la Diocesi e l’Amministrazione comunale, che forse ha aderito al trasferimento sottovalutandone le importanti implicazioni negative, trovino un accordo per riportare la Madonna della Pace nella Pinacoteca civica, senza rendere vani gli sforzi e gli investimenti sino a qui sostenuti e soprattutto senza mortificare il senso di appartenenza di una collettività che orgogliosamente si riconosce nelle proprie istituzioni culturali. Auspichiamo che i due Enti, ricucendo quel lungimirante discorso avviato nel lontano 1974, possano valorizzare sinergicamente i rispettivi poli museali senza attuare dinamiche concorrenziali, bensì attuando un percorso espositivo dotato di adeguatezza museologica, organicità storico-artistica e sostenibilità economica. Palazzo Manuzzini potrebbe diventare allora il polo finale di un unico percorso museale, valorizzato mediante accessi integrati, campagne promozionali comuni, moderni e adeguati servizi alla visita che solo se gestiti sinergicamente potranno garantire la sopravvivenza di entrambi i poli e migliorare gli standard dell’offerta turistica dell’intero territorio.
L’appello è anche quello all’adozione di una strategia comune per cogliere le opportunità del nuovo Pnrr al fine di valorizzare l’archivio civico e quello diocesano della nostra città, con azioni di riordino e di uso delle più moderne tecniche di digitalizzazione, in particolare per creare un vero polo archivistico e bibliotecario comune, che permetta di ottimizzare le risorse di personale, necessarie alla fruizione pubblica. L’obiettivo dovrebbe essere anche il rientro in città dell’archivio storico della Diocesi di San Severino, avente – questo sì – uno stretto legame con palazzo Scina Gentili, attuale sede del MARec, oggi trasferito a Camerino, con grave pregiudizio del legame tra la città e la sua memoria storica.
Simona Gregori, Gabriela Lampa, Claudio Scarponi (già assessori alla Cultura), Marcello Muzzi (studioso di arte locale), Francesco Ranciaro (presidente del Circolo “Il grillo” di Legambiente)