Tre sindaci, tra cui un presidente di Unione montana dell’alta valle del Potenza, il presidente dell’Ato 3, autorità del bacino interessato hanno lanciato un allarme perché sarebbe in corso l’ennesimo tentativo di prelievo forzoso d’acqua dalle due valli del Potenza e del Chienti verso il bacino del Musone, per tentare l’impossibile, ovvero colmare lo smisurato invaso di Castereccioni. A questa preoccupazione, confermata anche dalla multiservizi che gestisce il servizio idrico della zona, non corrisponde un’altrettanta mobilitazione (almeno ad oggi) degli altri sindaci delle città di medio e basso corso dei due fiumi. Non se ne sono ancora accorti? Dobbiamo dire grazie al sindaco emerito di Pioraco Giovanni Miliani, che ha le antenne dritte dopo i vari tentativi avvenuti nel corso degli anni e che per primo ha lanciato l’allarme.
Dal Consorzio negano l’esistenza del progetto (del progetto, forse di quello esecutivo?) che però hanno incluso nel Piano generale di Bonifica adottato nel 2020, disponibile sul web nel sito istituzionale dell’ente.
In più, il progettista ‘del progetto che non c’è’, alcune settimane fa ne invocava la realizzazione intervenendo su una tv locale e chiedendo di poter utilizzare allo scopo i fondi del Pnrr.
Il Consorzio di Bonifica, per tutta risposta, si affida sulla stampa locale ai principi della definizione aulica, quanto superata, dei temi esposti a un convegno sulle Bonifiche tenutosi in Veneto nel 1922 (sic!), esattamente un secolo fa, in cui si parla di “terre irredente” e di “palpiti di uomini generosi” per chiamare tutti alla collaborazione sui temi della gestione delle risorse idriche.
Più o meno lo stesso metodo per cui, nel 2008, per la valutazione d’impatto ambientale si erano utilizzati i dati della portata del fiume Potenza del 1929 – anno del nevone del secolo – al fine di sostenere che il prelievo di acque da deviare altrove non avrebbe inciso sugli usi idrici a valle.
È necessario segnalare che i principi del 1922 sono profondamente mutati; lo dimostra il fatto che di questi ambienti “irredenti” oggigiorno tendiamo a fare delle aree protette, parchi e riserve, per conservare la preziosa biodiversità.
E’ urgentissimo che al Consorzio acquistino una copia della Laudato si’ di Papa Francesco, dove questi concetti sono chiarissimi, così come quello di “ecologia integrale” e leggano con attenzione anche il breve e intenso testo della Convenzione di Faro, ratificata dal nostro Parlamento.
In particolare, l’articolo 8, intitolato “Ambiente, eredità e qualità della vita”, recita: Le Parti si impegnano a utilizzare tutte le dimensioni dell’eredità culturale, dell’ambiente culturale per:
a) arricchire i processi di sviluppo economico, politico, sociale e culturale e di pianificazione dell’uso del territorio, ricorrendo, ove necessario, a valutazioni di impatto sull’eredità culturale e adottando strategie di mitigazione dei danni;
b) promuovere un approccio integrato alle politiche che riguardano la diversità culturale, biologica, geologica e paesaggistica al fine di ottenere un equilibrio fra questi elementi;
c) rafforzare la coesione sociale promuovendo il senso di responsabilità condivisa nei confronti dei luoghi di vita delle popolazioni;
d) promuovere l’obiettivo della qualità nelle modificazioni contemporanee dell’ambiente senza mettere in pericolo i suoi valori culturali.
Leggete e meditate “uomini generosi”.
Luca Maria Cristini