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L'architetto Luca Maria Cristini
L'architetto Luca Maria Cristini cura la rubrica "Pillole di cultura settempedana"

Pillole di cultura settempedana. Quei due campanili nello stemma di Sanseverino

Da oggi Il Settempedano ospita una nuova rubrica, che in maniera assolutamente non accademica e senza pretese scientifiche, ha l’ambizione di proporre aspetti meno noti della storia, dell’arte, delle tradizioni della città di San Severino. Le “pillole” di Luca Maria Cristini avranno carattere periodico, ma non necessariamente lo saranno, non avranno una programmazione precisa ne prestabilita… chi leggerà vedrà!

QUEI DUE CAMPANILI NELLO STEMMA DI SANSEVERINO

Nulla di preciso si sa circa l’origine dello stemma di Sanseverino e quindi da quando esso sia in uso, anche se è lecito supporre che la nostra città ne abbia uno almeno dall’epoca comunale. È noto invece che per oltre due secoli la nostra arma è stata al centro di una disputa che ha visto coinvolti, in epoche diverse, i maggiori storici della città. Motivo della contesa era non tanto l’origine, ma la figura che in essa è rappresentata. Gli stemmi di molte città sono costituiti da semplici scudi con bande, fasce, scacchi di vari colori, come accade per Milano, Siena, Ferrara, Bergamo, Udine e, tra quelle a noi più vicine, Fano e Tolentino. Lo stemma di Sanseverino è figurato, ovvero come i più sapranno, sullo scudo ha una facciata di chiesa.

Tra la fine del Cinquecento ed il Settecento era opinione degli studiosi che l’originaria insegna cittadina, almeno fino alla prima metà del secolo XV, avesse portato sul campo una rocca. L’ipotesi è che il maniero dello stemma potesse alludere al Castrum Regale, ovvero l’insediamento fortificato presente sul Monte Nero, primo nucleo della città medievale che non aveva ancora assunto il nome del proprio Patrono e che si andava formando parallelamente al lento declino di Septempeda. La rocca dello stemma, in base a questa teoria, sarebbe stata poi sostituita, in segno di gratitudine e devozione nei confronti della Sede apostolica, con il prospetto della basilica di San Pietro, verso la quale – si tendeva a sostenere – la città avrebbe nutrito una grandissima devozione.
I recenti scavi al di sotto del pavimento (lo scrive l’archeologo Federico Guidobaldi in un saggio dal titolo: “Notizie preliminari sulle nuove scoperte archeologiche nel Duomo Vecchio di San Severino Marche” pubblicato sulla Rivista dell’istituto nazionale d’archeologia e storia dell’arte, n. 66 del 2011 – disponibile nella biblioteca comunale della città) hanno finalmente dimostrato come, intorno al XI secolo, la chiesa madre settempedana, avesse proprio due campanili cilindrici, che ne formavano la caratteristica del fronte principale, così come oggi ancora è quello dell’abbazia di San Claudio al Chienti. L’evidenza archeologica delle due torri gemelle rinvenuta nei recenti scavi, dunque, contribuirebbe a chiudere una volta per tutte la vexata quaestio tra gli storici circa la secolare presenza nello stemma cittadino di una chiesa con tale caratteristica.

L’aspetto attuale esterno del “Duomo Vecchio”, oggi Santuario di San Severino, risalirebbe agli ultimi interventi eseguiti nel secolo XV, grazie al contributo di quelle maestranze lombarde che tante opere lasciarono in città. Questo edificio tre-quattrocentesco, come si può rilevare dalle tante testimonianze pittoriche che rappresentano il Castello, non ha mai avuto due campanili, ma la memoria di questa peculiarità, legata una fase più antica della chiesa, è rimasta per sempre impressa nello scudo dello stemma della città anche se l’insegna dello stemma sia stata nei secoli continuamente aggiornata in relazione all’evoluzione del gusto architettonico.
Solo un’iniziativa legislativa del 1852, allorché lo Stato pontificio intese fare ordine negli stemmi degli enti locali, ha causato la definitiva cristallizzazione sullo scudo di una figura il cui modello fu ripreso dal Duomo Vecchio, che si ritrova così impropriamente ad avere, da oltre un secolo e mezzo, due campanili invece che uno solo. Mi piace pensare che, se ciò non fosse accaduto e la figura dell’arma avesse continuato ad aggiornarsi come aveva fatto più o meno spontaneamente per almeno settecento anni, oggi potremmo avere sul campo dello scudo una chiesa alla maniera di Richard Meier o di Renzo Piano, sicuramente dotata di due campanili.

Luca Maria Cristini

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