Un’équipe medica è costituita da quattro membri principali: il professor Umberto Gastaldi (Carlo Verdone), il dottor Corrado Pezzella (Max Tortora), l’anestesista Amedeo Lasalandra (Rocco Papaleo) e la strumentista Lucia Santilli (Anna Foglietta). Sono tutti professionisti eccezionali, ottime figure mediche sempre capaci di operare e curare i loro pazienti, ma, al di fuori dell’ospedale, nella vita di tutti i giorni, le loro esistenze ed i loro caratteri non sono ai livelli della loro professionalità. Gastaldi è separato dalla moglie e non ha un buon rapporto con la figlia (perché non accetta la carriera della giovane nella TV spazzatura); Santilli è tradita dal compagno; Pezzella tradisce la moglie ed il povero Lasalandra è continuamente vittima degli scherzi da parte degli altri tre, burle parecchio pesanti e umilianti. Ma un giorno, le analisi di Lasalandra svelano un brutto quadro clinico: ha una malattia incurabile che lo porterà via nel giro di pochi mesi, e lui non sa ancora nulla. Gastaldi, Pezzella e Santilli decidono così di portare il loro collega in vacanza, per trovare il tempo ed il modo di spiegargli la sua situazione.
Si vive una volta sola è il nuovo film di Carlo Verdone, uscito il 13 maggio su Amazon Prime Video. Una commedia corale e amara su quattro professionisti che, in realtà, sono quattro disgraziati dalle vite intime misere: cercano rifugio negli scherzi per scappare dalla inevitabile infelicità di fondo che vivono quotidianamente. Un po’ come Amici miei di Monicelli, ma Verdone non raggiunge il geniale ed aspro risultato di quel classico della nostra cinematografia: probabilmente l’intento del regista romano non era quello, ma le “zingarate” di questi quattro verdoniani spacconi sembrano molto voler ricalcare quelle del conte Mascetti e compagnia (senza afferrare pienamente quella mesta e malinconica fuga dal nulla, dalla morte, che si cela dietro ad ogni bravata della pellicola toscana). Il film di Verdone è leggero e scorrevole, piacevole per certe gag, con quattro attori molto affiatati tra di loro. Il quartetto funziona bene, ma l’impalcatura nel complesso risulta più debole di quello che ci saremmo aspettati. Carlo Verdone ci ha abituati, sempre rimanendo nell’ambito della commedia, a pellicole più interessanti e innovative, con personaggi e racconti così caratteristici da essere entrati nella storia del cinema italiano, con protagoniste femminili più strutturate e meno superficiali di quelle che, questa volta, ha descritto. La figura di Lucia, la coprotagonista del film, è molto più impoverita e meno incisiva rispetto a come il regista ha precedentemente descritto l’universo femminile. Comunque, Verdone stesso nei panni del medico è ideale: tutti conosciamo la sua fissazione per la Medicina, le malattie, le terapie e la grande conoscenza di farmaci e cure, quindi la parte del professore è precisa per lui, senza caricature e con naturalezza, ma manca altrettanta attenzione nel complesso dell’opera, dove gli spunti interessanti (come, ad esempio, i caratteri dei personaggi) non vengono pienamente sviluppati. Si vive una volta sola lo si vede per quei siparietti riusciti, per la scioltezza, ma con una punta di dispiacere per le evitabili parti prevedibili e per tutto quello che avrebbe potuto dire ma che, invece, non ha voluto raccontarci.
Silvio Gobbi