Philadelphia, 1999. Due giovani amiche, Jamie (Margaret Qualley) e Marian (Geraldine Viswanathan), decidono di partire per Tallahassee (Florida). Entrambe hanno bisogno di staccare la spina: Jamie ha da poco troncato con la sua ragazza, e Marian deve ritrovare la serenità che ha perduto da un po’ di tempo. Le ragazze affittano una macchina per il viaggio, ma scoprono al suo interno una valigetta: a causa di questa valigetta, le due verranno inseguite da dei criminali disposti a tutto pur di riavere quell’importante oggetto. Jamie e Marian si ritroveranno così a vivere un’impresa tanto inaspettata quanto assurda, un’avventura che le porterà a rischiare la vita ed a scoprire l’amore che provano l’una per l’altra.
Drive-Away Dolls è il primo lungometraggio di finzione diretto da Ethan Coen senza il fratello, Joel: non molti anni fa, Ethan si è cimentato nella regia del documentario musicale Jerry Lee Lewis: Trouble in Mind, mentre Joel, nel 2021, ha diretto una nuova versione di Macbeth. Drive-Away Dolls è stato scritto da Ethan insieme alla moglie Tricia Cooke ed è un road movie comico e folle, con una regia ben decisa, dal taglio ritmato, capace di rievocare lo stile dei noti b-movies degli anni Settanta cercando, al tempo stesso, di ricordare l’atmosfera delle pellicole precedenti dei due fratelli.
Il film tenta di raggiungere la genialità delle più famose opere dei Coen, ma non ci riesce pienamente. Ci sono molte citazioni e tracce delle tematiche della filmografia dei fratelli: c’è il coinvolgimento erroneo di persone innocenti in una macchinosa vicenda criminale, come ne Il grande Lebowski; c’è la presenza di una valigetta per cui la gente è pronta a tutto, anche ad uccidere, pur di averla, come in Non è un paese per vecchi; c’è il viaggio attraverso l’America ed i suoi più strambi personaggi, come in Fratello, dove sei?; c’è la stupidità dell’uomo, disposto a rovinarsi per la sua idiozia e mediocre avidità, come in Fargo. L’universo dei Coen è presente, ma è semplicemente accennato: non vengono approfondite quelle venature di malinconia, di inquietudine, quegli oscuri e geniali dettagli a cui siamo stati abituati con la loro filmografia. Tutto è accelerato e poco approfondito, ma probabilmente questo è l’intento, ed il lavoro, alla fine, rispetta la fisionomia del genere b-movie e riesce ad intrattenere il pubblico: veloce, di breve durata, composto da sequenze dinamiche, momenti assurdi e kitsch con dialoghi demenziali (qui, puro stile Coen), scene psichedeliche e momenti onirici delicati (molto brave, inoltre, le due protagoniste nei loro ruoli).
Ethan Coen ha dichiarato che sta lavorando ad un nuovo film, ma sappiamo anche che sta per tornare a realizzare, insieme al fratello, un nuovo lungometraggio in coppia per un horror sanguinolento, un’opera che riprende la scia del loro esordio cinematografico del 1984, Blood Simple: quest’ultima dichiarazione fa ben sperare in un loro grande ritorno.
Silvio Gobbi