Nel 1386, il cavaliere Jean de Carrouges sfida lo scudiero Jacques Le Gris: l’uomo è accusato, dalla moglie di de Carrouges, Marguerite de Thibouville, di stupro. Il re Carlo VI concede a Jean il permesso di sfidare lo scudiero secondo il mortale duello ordalico, il “duello di Dio” (Iudicium Dei): colui che vincerà avrà dimostrato di essere nel vero, perché Dio assiste e protegge soltanto chi sostiene la verità. Se vincerà Le Gris, de Carrouges morirà e la moglie sarà arsa viva; viceversa, il cadavere di Le Gris sarà esposto al pubblico ludibrio. In passato, Jean e Jacques erano amici: hanno combattuto insieme per il re, durante la Guerra dei Cent’anni, ma con il tempo il loro rapporto si è deteriorato. Le Gris è riuscito ad accrescere le sue ricchezze (grazie al fondamentale appoggio del conte Pierre d’Alençon), de Carrouges, non godendo di nessun aiuto, si è impoverito sempre di più, coltivando un crescente risentimento nei confronti del suo ex amico. In mezzo a questo continuo conflitto tra i due uomini, c’è la giovane Marguerite, donna sincera e colta, che paga le conseguenze della violenta rivalità tra i due.
Ridley Scott, con The Last Duel, racconta questa storia medievale in maniera dettagliata e coinvolgente: tratta dal romanzo di Eric Jager (sceneggiatura di Nicole Holofcener, Ben Affleck e Matt Damon), basata su fatti realmente accaduti, l’opera è divisa in tre capitoli, ognuno dal punto di vista dei tre protagonisti (Jean, Jacques e Marguerite). Tre modi diversi di interpretare, vedere e raccontare gli stessi eventi, ed il meno edulcorato, più aderente alla realtà, più spietato, risulta quello di Marguerite. Una donna vittima della mentalità e del sistema dell’epoca, dove la moglie era, per legge, di proprietà del marito. Di conseguenza, lo stupro di Le Gris non veniva giudicato come un crimine contro la ragazza, la persona, ma come un reato verso un bene di de Carrouges: stuprare una donna equivaleva a danneggiare i beni del marito; de Carrouges ha sfidato Le Gris non per la moglie, ma perché ha visto minata la sua autorità di padrone.
La figura di Marguerite, accusata di essere una bugiarda adescatrice, lontana da noi di quasi sette secoli, assume un forte valore contemporaneo: certamente le leggi sono mutate, ma la tendenza a colpevolizzare la vittima (della serie “cosa hai fatto per provocarlo, per indurlo ad abusare di te?”), si ripresenta ancora oggi, in maniera più o meno sfacciata, fuori e dentro le aule di giustizia (il cammino per debellare certe mentalità è lungo e ricordiamo che, in Italia, lo stupro è passato da reato contro la morale pubblica a crimine contro la persona di recente, nel 1996). Marguerite è stata una delle tantissime donne violentate, ma una delle pochissime ad aver pubblicamente denunciato il fatto, con coraggio, rabbia e molta paura: timore per le possibili ripercussioni da parte dello stupratore, timore anche nei confronti del possessivo e rude marito. Aveva poche vie di scampo, ma appellarsi al sentimento di possessione del coniuge poteva essere l’unica possibilità di ottenere giustizia per la violenza subita. Il crudo The Last Duel segna per Scott il ritorno al kolossal storico, con una regia serrata, capace di mantenere viva l’attenzione e di cogliere, di ognuno dei personaggi, ogni sfumatura. Con un finale da alta tensione, il regista firma un film dove ricorda quanto la violenza nei confronti delle donne sia una realtà universale e costante, mettendo in primo piano, senza troppa retorica, il coraggio, non scontato (per ieri, ma anche per oggi), della protagonista che ha denunciato l’ingiustizia subita, confidando nella verità della sua esperienza.
Silvio Gobbi