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Lo sguardo di Vincenzo capace di guardare lontano
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Il ricordo di Vincenzo Lombardo a un anno dalla scomparsa

Il sedici ottobre di un anno fa moriva Vincenzo Lombardo all’età di 89 anni. Tutti i settempedani conoscono bene la sua figura di grande imprenditore, un uomo sempre proiettato verso il futuro. Un visionario oculato e sognatore, con i piedi ben ancorati a terra. Una vita non facilissima ma sempre superando le avversità con coraggio, determinazione e forza di volontà. Fondatore della Ralo’ srl “Castellino”, azienda produttrice di olive e antipasti di San Severino e Matelica, leader in Europa e nel nord America e conosciuta in tutto il mondo.

La sua filosofia aziendale: “La qualità del prodotto e soprattutto la serietà nei confronti dei clienti, considerati collaboratori e non solo”.

Era partito dalla natia Partanna, un paesotto siciliano dell’entroterra trapanese, famoso per sfornare maestri per tutta l’Italia. Dopo gli studi superiori a Palermo e Marsala, “porti aperti sul mondo”, aveva preferito trasferirsi a Roma, lasciando la piccola azienda commerciale dei genitori, per seguire i suoi sogni e dando vita nella capitale al liquorificio “Ralò”. Nel paese natio aveva lasciato anche un piccolo sogno giovanile, per una banale, curiosa, ma decisiva incomprensione. A Roma aveva conosciuto sua moglie Pia, una donna che sembrava essere nata per lui, perché con il suo carattere mite, gentile e di grande rispetto riusciva ad ammortizzare e assorbire in maniera mirabile il suo carattere, a volte spigoloso e burbero, e la sua forte e prorompente personalità.

Vincenzo Lombardo

Vincenzo Lombardo

Una donna ideale per Vincenzo, che aveva fatto la sua fortuna, come amava ripetere spesso.

Poi l’approdo nelle Marche, a San Severino, che sarebbe diventata la sua città d’adozione, dove alla ditta di liquori ha affiancato quella delle olive, nata da un’idea originaria mutuata dalla Sicilia. Poi un successo aziendale dietro l’altro, coadiuvato molto bene dal figlio Francesco, nominato successivamente Amministratore unico, grazie all’ampliamento della gamma dei prodotti con antipasti e verdure sott’olio, che hanno fatto diventare l’azienda di Vincenzo un’industria alimentare, sinonimo di qualità e innovazione.

Lui amava la sua terra di origine, la Sicilia, così come adorava le Marche e San Severino, tanto che si era inventato una sigla, secondo me molto bella MA-SI, che univa le iniziali delle due regioni e veicolava un messaggio molto positivo. La voleva utilizzare per un progetto ambizioso, ma che non gli è stato possibile realizzare per l’età e per… la morte.

Per motivi strettamente personali questa unione di sigle è sentita e apprezzata da me in modo particolare.

Oltre che imprenditore di successo, Vincenzo Lombardo è stato anche autore di libri, nonché di tantissime riflessioni sulla politica, sul territorio e sulla vita in generale. Una personalità poliedrica. Nessun argomento lo trovava impreparato. Ha scritto e pubblicato diversi volumi: Aspettando l’addimurru e la sua versione in inglese nel 2013, Una Zappata nelle Marche nel dicembre 2013, Lettera a Francesca nel 2016, Antico ritorno nel 2018, alternando prosa e poesia, da autodidatta, secondo me con la stessa maestria.

Lo conobbi la prima volta nel 1990 all’atto della formazione di quell’Amministrazione comunale in cui era presente anche Sgarbi. Io appena eletto in Consiglio e lui segretario del Partito repubblicano. Mi colpì molto per la sua franchezza, merce assai rara nel perbenismo, e spesso nella falsità e nella ipocrisia della politica. Rimase in seguito un discreto rapporto tra di noi. Nell’ ultimo periodo della sua vita cominciò a telefonarmi con una certa frequenza proponendomi di lavorare e di collaborare con lui. Dopo varie insistenze decisi di accettare: parlavamo delle sue scelte culturali e dei libri e dei suoi tanti progetti aziendali ed economici, io lo consigliavo, lo accompagnavo agli appuntamenti di lavoro, lo coadiuvavo nei suoi affari… Divenni la sua persona di fiducia. Avevamo anche degli scontri verbali, ma sempre sanati da lui che diceva di apprezzarmi perché non gli dicevo solo e sempre “Sì”, ma lo contraddicevo se non ero d’accordo. In un periodo di grandi difficoltà per la mia vita è stato per me un grande punto di riferimento e di aiuto. Così anche io per lui.

La curiosità di quella stagione è che io la mattina prima accudivo mio padre, che ha 25 giorni meno, poi il lavoro da Vincenzo e il pomeriggio allenavo al Camerino Calcio un gruppo di 10 ragazzini e 2 ragazzine. Quindi nell’arco di una sola giornata era riassunta e condensata tutta la Vita Umana. L’ho accompagnato due volte in Sicilia a Partanna alla ricerca delle sue radici e di quel sogno giovanile interrotto, di cui forse parlerò in altra sede. Tutti nel paese natio lo rispettavano e avevano grande stima della sua persona e del suo essere imprenditore. Oltre a ciò io lo avevo accompagnato per seguire idealmente una delle mie grandi passioni, Goethe, lo scrittore tedesco che nel suo Viaggio in Italia aveva visitato anche Palermo, Segesta, Castelevetrano e Selinunte, tutte mete sulla direttrice di Partanna. Un particolare apparentemente banale, ma importante è che al ritorno dal secondo viaggio, mentre ci trovavamo in auto nei pressi di Benevento, si svegliò di soprassalto e mi disse: “Ti ho sentito canticchiare per la prima volta. Segno che ora sei veramente tranquillo”.

Mi piace concludere con queste due splendide citazioni.

La professoressa Milena Ranieri: “L’aspetto fondamentale e unificatore delle opere letterarie di Vincenzo Lombardo è una umanità cercata fuori di sé, oltre che dentro di sé, nella convinzione che è necessario essere con gli altri per una vita più piena ed autentica”.

Francesco Rapaccioni, direttore artistico dei Teatri di Sanseverino: “Vincenzo Lombardo rappresenta un esempio perché è un uomo che ha creduto nell’etica del lavoro e negli affetti, un uomo che ha basato il suo operare quotidiano sul rispetto e sull’impegno con rara onestà intellettuale”.

I suoi nipoti Elena, Riccardo e Sofia devono essere orgogliosi delle eredità materiali e culturali lasciate loro dal nonno.

Gabriele Cipolletta

 

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