di Luca Maria Cristini
Il Sovrano Militare Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Gerusalemme, di Rodi e di Malta – o, come oggi più comunemente viene definito, Ordine di Malta – vanterebbe un’antica presenza nella città settempedana. La storiografia la rimanda almeno agli inizi del secolo XIV; scrive Severino Servanzi Collio che la chiesa suburbana di San Michele, già appartenuta in commenda ai cavalieri Templari, dopo il concilio di Vienne (1311-1312) passò in proprietà “all’inclita Religione di Malta, che ne è stata proprietaria sino al 1809”, ovvero fino alle demaniazioni napoleoniche. Ancora lo studioso settempedano, sempre nel proprio saggio dal titolo Culto antico dei Settempedani verso l’Arcangelo S. Michele, edito a Macerata nel 1836 per celebrare la ricostruzione della chiesa su progetto di Ireneo Aleandri, riferisce che sull’edificio originario – danneggiato dal sisma del 1751, poi reso inutilizzabile dal successivo del 1799 tanto da dover essere abbattuto – campeggiava uno stemma in pietra dell’Ordine di Malta. Fu proprio l’erudito settempedano che, divenuto erede fidecommisso del conte Giambattista Collio, ne aveva commissionato la ricostruzione in virtù di un legato testamentario di quest’ultimo.
Altro indizio, questo da approfondire, di questa presenza è che alcuni anni fa, nell’eseguire dei lavori di riparazione dei danni causati dal sisma Marche Umbria del 1997, venne scoperta sotto a scialbi posteriori una croce ottagona in campo rosso dipinta a tempera sull’imbotte di un architrave di edificio di civile abitazione in via della Galetta, che potrebbe far pensare a una relazione con l’Ordine di Malta. I proprietari dell’immobile riferiscono che il ritrovamento fu oggetto di un commento sulla stampa locale di frà Roberto Massi Gentiloni Silverj, membro professo dell’Ordine di Malta, il quale formulò l’ipotesi di un qualche legame dell’edificio con l’ordine cavalleresco melitense. Se è vero, come attestato dal conte Severino Servanzi Collio, che la presenza dell’ordine a Sanseverino può aver coperto un arco temporale che andrebbe dal secolo XIV agli inizi del XIX, l’ipotesi del cavalier Roberto Massi potrebbe essere del tutto plausibile.
Nonostante l’antichissima presenza, riferita da Severino Servanzi Collio, di un presidio dell’Ordine di Malta nella città settempedana, il primo affiliato di cui si ha notizia è l’abate Severino Servanzi (1739- 1788), figlio del conte Marco Antonio e di Camilla Gentili di Rovellone. Questi ebbe incarichi diplomatici da parte del Governo pontificio prima a Lucerna in Svizzera e, successivamente, per un decennio fu Uditore alla nunziatura apostolica di Napoli, da cui fece rientro a Roma nel 1788, poco prima di morire. Dell’abate Severino si conserva ancora oggi un ritratto a “Villa Berta” – antica casa di villeggiatura dei conti Servanzi al confine con il Comune di Treia oggi adibita a ristorante – nel quale si riconosce appuntata sul petto la croce ottagona bianca che dimostra l’appartenenza all’Ordine di Malta o, anche, Ordine Gerosomilitano, come veniva più comunemente indicato nei secoli XVIII e XIX. La notizia dell’appartenenza è confermata dal servizio informazioni degli archivi e biblioteca magistrali del Sovrano Militare Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Gerusalemme, di Rodi e di Malta, attualmente conservati a Roma: il prelato risulta esservi stato accolto il 24 maggio 1786 con una “Croce di devozione”, anche se sui registri risulta il nome di Saverio anziché Severino. Dopo la morte egli fu seppellito a Roma, nella chiesa di Santo Stefano del Cacco, appartenente ai Monaci Silvestrini. La figura dell’abate Servanzi, poco conosciuto nella sua città natale, e il suo ruolo diplomatico nella capitale del Regno delle due Sicilie sono stati rispettivamente tratteggiati dal nipote Raffaello Servanzi in una breve biografia del 1858 e, più recentemente, da Guido De Lucia nel quinto volume di «Miscellanea Settempedana» del 1991.
Il cavaliere melitense settempedano più eccellente è senz’altro il conte Severino Servanzi, che dal 1828 assunse il cognome Servanzi Collio per volontà del prozio conte Giambattista Collio. Questi lo nominò proprio erede con una clausola testamentaria di natura fedecommissaria: avrebbe assunto il cognome Servanzi Collio e amministrato il patrimonio della famiglia Collio fino alla morte, trasmettendo il patrimonio Collio al proprio primogenito. Figlio di Luigi (fratello dell’abate Severino, decorato da croce di devozione melitense) e di Casilde Gentilucci, Severino Servanzi Collio fu avvocato ed eruditissimo cultore di archeologia, arte e memorie patrie.
Severino Carlo Raffaele Servanzi, questo il suo nome completo, nacque a Sanseverino il 14 maggio 1796 e fu autore di numerosissimi studi storici e archeologici, pubblicati a propria cura in decine di opuscoli. Il suo archivio è oggi in parte conservato nella biblioteca comunale di San Severino Marche e in parte risulta in deposito a Villa Berta, in quello che fu il suo casino di villeggiatura oggi adibito a ristorante. Come si può verificare nell’archivio magistrale, venne ricevuto nell’Ordine di Malta con prova di ammissione nel 1842. Visse nella città settempedana ed è oggi ricordato come generoso mecenate, la cui passione per la storia ha portato a raccogliere una gran quantità di notizie sulla propria famiglia e sulla storia di Sanseverino; si deve inoltre a lui l’apposizione di numerose epigrafi che perpetrano la memoria di alcuni dei luoghi più significativi della città. Su queste lapidi, così come nei frontespizi delle sue pubblicazioni, egli immancabilmente si identificava come “Cavaliere Gerosomilitano”.
Severino Servanzi Collio, morì in patria il 2 luglio 1891 dove è sepolto in una delle cappelline perimetrali del cimitero comunale; fu anche insignito del titolo di Commendatore dell’Ordine di San Gregorio Magno e di Cameriere d’onore di Sua Santità. Agganciandosi alle provanze fornite dal padre conte Severino, nel 1858 vennero ricevuti nell’Ordine di Malta anche i figli Giuseppe (1826-1912) e Giovanni Astolfo (1836-1924). Giuseppe, a cui fu attribuita l’eredità Collio in virtù dalla clausola fidecommissoria, fu anche Cameriere segreto soprannumerario di Sua Santità, mentre Giovanni Astolfo entrò a far parte della Guardia Nobile Pontificia.