Ieri sera, sabato 3 settembre, si è chiuso a Moie il 31esimo “San Severino Blues Festival”. Ospitiamo, di seguito, un intervento di Luca Maria Cristini su questa edizione e più in generale sul valore della manifestazione.
Qualche giorno fa a Largo Servanzi Confidati, con musica di altissima qualità, Vasti Jackson e la sua band hanno suonato per quasi duecento appassionati, direi per il 90% giunti da fuori città.
Il blues festival è attualmente il nostro brand più noto, uno degli attrattori più efficaci verso la nostra città, che in questo campo vanta una primigenìa importante nella regione e oltre trenta edizioni lo stanno a dimostrare. San Severino blues festival sta alla nostra città come la stagione lirica dello Sferisterio sta a Macerata e su questo dobbiamo puntare, questo dobbiamo far crescere. Si è letto qualche tempo fa che la nostra amministrazione vuole – con investimenti considerevoli che, peraltro, non sembrano finora aver dato risultati lusinghieri – “far crescere il rating della nostra piazza”. Ma per fare questo organizza eventi senza una logica, come lo sono stati lo show di Panariello e i concerti di Vecchioni, Irama e quello recente di Mahmood. Tutti questi non sono riconducibili a un filone omogeneo, non si inquadrano in un format riconoscibile e duraturo, cosa che invece offrirebbe il festival blues: sono investimenti che non portano frutti a lungo termine, che non faranno crescere in alcun modo il famoso “rating”…
La nostra piazza può e deve essere invece il luogo di contorno a un evento pensato all’interno del San Severino Blues Festival che, come si è detto, ha un brand ormai riconosciuto e che, inspiegabilmente, sta invece soffrendo di mancanza di investimenti. È un appuntamento consolidato che ultimamente ha più date in paesi vicini, e non, che nella nostra città; questo di per sé non sarebbe una pecca, ma l’evento clou – con un nome di richiamo internazionale, come fu per Patti Smith, per Raphael Gualazzi o per la Blues Brothers band reunion – deve tenersi nella piazza di San Severino. Inoltre, il palco dei pochi concerti rimasti nella nostra città trasuda una povertà assoluta, con quei quatto tubi innocenti arrugginiti che sostengono un misero stendardo da due metri quadrati… All’uscita dall’ultimo concerto lo scorso 21 agosto, gli spettatori – che come si è detto erano per lo più non settempedani – si sono riversati nella Piazza del Popolo trovando un mortorio: metà delle luci spente e la maggior parte di gelaterie e pizzerie della città erano chiuse.
Il Pistoia Blues festival esiste dal 1980, è dunque nato 10 anni prima del nostro, ma da allora ha avuto una crescita incessante; sono d’accordo che ha vicino una città come Firenze e che è in una regione ad alto richiamo turistico, ma il festival è stato sempre oggetto di continui investimenti che lo hanno sviluppato e fatto diventare un appuntamento da non perdere per gli appassionati del genere di musica. Vi si tengono eventi collaterali, mercatini, ha attivato partenariati con molti mass media, ha un sito internet che funziona benissimo e una capillare presenza sui social network. Tutto questo non lo possiamo fare anche noi? Magari coinvolgendo le scuole di musica con l’organizzazione di masterclass, facendo tornare qualche appuntamento nelle nostre frazioni: chi non ricorda il successo delle memorabili serate a Elcito, Serralta, Pitino?
I poco meno di mille biglietti staccati per un’anonima tappa del tour del vincitore dell’ultimo Sanremo insegnano… Ci vogliono competenze e fantasia, per queste cose e, perché no?, anche saper copiare da chi è più bravo di noi.
Luca Maria Cristini