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“Madres paralelas”, il film diretto da Pedro Almodóvar

Janis, una donna quasi quarantenne, è una fotografa professionista. Un giorno, conosce l’antropologo forense Arturo per un servizio fotografico. I due parlano, e lei chiede allo studioso di potersi occupare di una fossa comune del suo paese nativo, dove sono sepolti molti uomini uccisi durante la Guerra Civile spagnola: in molti sono immersi lì, probabilmente anche il suo bisnonno. Tra i due, sboccia inoltre un’intesa passionale e lei rimane incinta. All’ospedale, Janis conosce Ana, una giovanissima ragazza in dolce attesa: tra le due nasce un forte legame e le loro vite continueranno ad incrociarsi, dopo il parto, in maniera indissolubile.

Madres paralelas è il nuovo film di Pedro Almodóvar. Presentato in concorso alla 78ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, l’attrice protagonista, Penélope Cruz, è stata premiata con la Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile.

Un dramma almodóvariano profondo, con pochi, ma dettagliati personaggi. Il regista scrive e dirige un’opera dalle tonalità sobrie, ma non piatte, senza rinunciare alla corposità caratteriale delle sue donne, umane ed imperfette: spaventate, ma sempre capaci di andare avanti tra i timori. Le donne sono da sempre il punto di forza del regista spagnolo: sin dalle origini, quando, pochi anni dopo la fine dell’era franchista, realizzò l’irriverente e grottesca commedia Pepi, Luci, Bom e le altre ragazze del mucchio (1980). Da lì, la sua filmografia al femminile non si è mai fermata, ha portato al massimo le trame intricate ed i toni barocchi, per poi, gradualmente, epurare il suo stile per concentrarsi sull’essenzialità delle situazioni e delle fitte vicende. Con Madres paralelas, il regista affronta le difficoltà di due madri dalle vite intrecciate e sviluppa, in parallelo, il tema della storia nazionale spagnola. La memoria del Paese, le dolorose testimonianze della guerra civile, non abbandonano mai i pensieri di Janis, influenzando la sua vita. Janis vuole che la fossa comune venga riesumata, desidera fortemente che il suo bisnonno abbia una degna sepoltura, insieme a tutti gli altri uccisi dai falangisti di Franco. La Storia accompagna e condiziona la vita di tutti quanti, che piaccia o meno: Janis lo sa, e vuole che anche la giovanissima Ana, figlia del nuovo millennio, epoca in cui ogni aspetto della vita, memoria compresa, deve essere semplificato e dimenticato, capisca l’importanza di quegli eventi lontani nel tempo.

In parallelo a questa Janis, la donna con una forte coscienza, si sviluppa la Janis intima, quella che soffre, che commette molti errori nei confronti della propria figlia, di Arturo e di Ana, in perenne dubbio tra la verità e la bugia, tra l’amore condiviso e la solitudine. Ma sono proprio le sue contraddizioni, le sue azioni a renderla un personaggio vero e potente: proprio i suoi difetti e pregi, donano a lei una forza tale da renderla una protagonista indimenticabile e senza retorica. E così facendo, ancora una volta, Almodóvar dimostra di amare sinceramente, senza alcun moralismo, le donne, anche quando sono piene di preoccupazioni e commettono dei grandi ed inevitabili errori dettati dall’incertezza, riuscendo a tirare fuori da loro, dal loro caos, sempre il meglio.

Con colpi di scena originali, ben inseriti nel corso dell’opera, Madres paralelas si conclude con la citazione dello scrittore uruguayano Eduardo Galeano: «Por mucho que se la intente silenciar, la historia humana se niega a callarse la boca», per quanto la si voglia far tacere, la storia umana si rifiuta di stare zitta. Questa voglia, questo bisogno di verità (individuale e collettiva, intima e storica) martella la mente, condiziona la vita e la maternità di Janis, rendendola (grazie anche alla ottima, e senza sbavature, interpretazione di Penélope Cruz) una delle donne più significative del cinema di Almodóvar.

Silvio Gobbi

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