Lunedì 22 luglio è stato salutato per l’ultima volta nella basilica di Loreto il vescovo monsignor Domenico Marinozzi, frate cappuccino missionario, che si è spento nei giorni scorsi all’età di 98 anni. Le esequie sono state presiedute dal vescovo Nazzareno Marconi di Macerata, presidente della Conferenza episcopale marchigiana. Al suo fianco il vescovo di Cremona, mons. Antonio Napolioni, il nunzio apostolico Renzo Fratini e il ministro provinciale dei frati minori cappuccini delle Marche, fra Sergio Lorenzini. Presenti almeno una quarantina di religiosi e sacerdoti. La celebrazione si è svolta a Loreto perché mons. Marinozzi, dopo essere rientrato dall’Etiopia, e finché le condizioni di salute glielo hanno permesso, era un punto di riferimento nella confessione dei fedeli presso la Santa Casa.
Al rito funebre hanno partecipato anche alcuni rappresentanti dell’associazione “Sorrisi per l’Etiopia” di San Severino e del Centro volontari per il mondo, una Ong – quest’ultima – che ha condiviso, per diversi anni, con padre Marinozzi alcuni progetti di approvvigionamento idrico per i villaggi del Wolayta.
Ma chi era questo figlio della terra settempedana arrivato fino in Africa?
Domenico Marinozzi era nato nel 1926 ed era cresciuto a Serralta assieme alla sua famiglia: i genitori Raffaele e Felice (detta Memè) e 6 fratelli (3 maschi e 3 femmine). In età scolastica entrò in seminario dove iniziò il percorso utile a intraprendere la vita cappuccina. Nel 1943 vestì l’abito monacale assumendo il nome di frate Crescentino. Nel 1947 ricevette il sacramento dell’Ordine.
Persona assai dedita allo studio, decise di recarsi in Svizzera per imparare la lingua tedesca e quella francese. Dopo qualche anno si laureò in Filosofia. Una volta tornato in Italia, padre Domenico fece l’insegnante e si dedicò a varie attività. In particolare seguì i giovani. Nel corso degli anni ricevette importanti onorificenze. Dal 1973, poi, iniziò la sua lunga avventura in Africa, dove rimase per 25 anni.
Risiedeva a Soddo, in Etiopia, nella regione del Wolaita.
Partì da lì un lunghissimo percorso che lo vide impegnato in molte iniziative. Oltre alle attività pastorali, padre Domenico si diede un bel da fare per portare aiuto alla popolazione, prendendo parte alla realizzazione di tante opere e andò in prima linea per promuovere la costruzione di ospedali, scuole e centri di accoglienza. Nel 1982 venne consacrato vescovo di Soddo-Hosanna. Assunto questo importante ruolo, padre Domenico si immerse completamente nella propria “missione” e compì gesti significativi e importanti distinguendosi per bontà, carità e solidarietà. Colpisce, in particolare, la sua propensione ad aiutare i più deboli e i più bisognosi. Testimonianza fedele di ciò è l’ospedale regionale creato a Dubbo. L’istruzione rivolta ai ragazzi è sempre stata in cima ai suoi pensieri e, infatti, istituì pure il seminario teologico ad Addis Abeba.
Ad oggi l’ospedale di Dubbo continua a essere di fondamentale importanza e rappresenta una splendida realtà, specie per il reparto maternità. Nel 2008 Padre Domenico tornò definitivamente in Italia e proseguì il suo cammino di fede a Loreto.