Nella Roma del 1943, c’è il piccolo circo “Mezzapiotta”. Il capo è Israel, un prestigiatore ebreo che ha accolto nel suo tendone quattro freaks dai poteri incredibili: Cencio, il ragazzo capace di comandare gli insetti; Mario, l’uomo-calamita che controlla i metalli; Fulvio, l’uomo lupo dalla forza sovrumana, e Matilde, la ragazza elettrica, capace di generare scosse e fulmini. L’occupazione nazista si fa sempre più pesante ed i cinque vogliono partire per l’America, ma Israel viene catturato dai tedeschi. I quattro freaks decidono di andare alla ricerca del capo, un vero padre per loro, ma dovranno affrontare il direttore artistico del Zirkus Berlin, Franz, un pianista con sei dita per mano, capace di vedere il futuro ogni volta che si fa di etere: le sue visioni gli hanno mostrato i nostri quattro freaks, sa della loro potenza, e vuole catturarli per sfruttarne i poteri affinché il Terzo Reich vinca la guerra.
Freaks Out è il nuovo film di Gabriele Mainetti, presentato in concorso alla 78ª edizione della Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. Un’opera atipica che si distingue dalle produzioni italiane, capace di mescolare svariati registri e situazioni rocambolesche, con una fitta quantità di effetti speciali perfettamente curati. Questi quattro freaks, una sorta di “fantastici quattro” circensi emarginati, si ritrovano a combattere la guerra contro i nazisti e la guerra contro la loro stessa natura, difficile da accettare, specialmente per la giovanissima Matilde, vero fulcro del gruppo.
Gabriele Mainetti non si pone alcun limite e realizza un lungometraggio che si fa notare. Già con il suo film di esordio, Lo chiamavano Jeeg Robot (2015), aveva trasformato Roma in un luogo fantastico dove un mezzo delinquente diventava supereroe veramente per caso, ora, con Freaks Out, fa esplodere al massimo la sua vena creativa, mescolando immaginazione e realtà, con tanto di citazioni di Quentin Tarantino, di Robert Rodriguez, atmosfere alla Guillermo del Toro e toni di Tim Burton. È un film che punta a stupire per gli effetti speciali, a intrattenere il pubblico con una vicenda che mescola crescita individuale, amore, paura e coraggio, guerra, storia, realismo e pura fantasia: roboante, sotto ogni aspetto, continuamente sull’acceleratore. Un lungometraggio fatto per tenere alta l’attenzione del pubblico, per stupirlo, proprio come un magico spettacolo circense. Mainetti punta in alto, realizzando un film ricco di tutto, abbondante in ogni senso, capace di entusiasmare e di suscitare sentimenti contrastanti negli spettatori: le forzature presenti nello sviluppo rientrano nel gioco e si accettano per il monumentale, ambizioso affresco cinematografico, dinamico e martellante, che è riuscito a tirare fuori.
Silvio Gobbi