“Il 6 dicembre 2013, al termine della riunione istituzionale tenutasi a San Severino nella sede della Comunità montana, il sindaco Cesare Martini, quello di Castelraimondo, Renzo Marinelli, quello di Pioraco, Giovanni Battista Torresi, il presidente dell’ente comunitario, Gian Luca Chiappa, il direttore dell’Arpam Gianni Corvatta e altri soggetti in rappresentanza del Comune di Gagliole e della Regione, si erano impegnati a stabilire un tavolo di discussione per decidere assieme al Comitato Salva Salute le modalità e i tempi dell’indagine ambientale ed epidemiologica cui si sarebbe dovuto sottoporre il nostro territorio, al fine di valutare l’impatto del Cementificio Sacci nei Comuni interessati. L’accordo prevedeva che l’Arpam avrebbe formulato un’ipotesi di monitoraggio che sarebbe stata discussa con i rappresentanti del Comitato Salva Salute di Castelraimondo. Stando a quanto si legge sui media locali (anche Il Settempedano ha pubblicato la notizia; ndr), il 27 gennaio si è tenuta una riunione nella sede della Provincia, a Macerata, nel corso della quale i sindaci di San Severino e Castelraimondo, il vicesindaco di Gagliole, il presidente della Comunità montana e il direttore dell’Arpam di Macerata hanno deciso come e dove effettuare il monitoraggio, senza, tuttavia convocare o interpellare il Comitato”.
E’ la parte iniziale del comunicato stampa inviato dal Comitato Salva Salute in cui si ricorda inoltre che “la prima proposta di monitoraggio formulata dall’Arpam, e condivisa da tutti i soggetti che partecipavano alla riunione del 6 dicembre 2013, prevedeva l’installazione di un’unica centralina mobile, senza altro aggiungere. Solo a seguito delle rimostranze dei rappresentanti del Comitato si erano prese in considerazione altre possibilità, quali, ad esempio, lo studio dei licheni, possibilità delle quali si sarebbe dovuto discutere insieme”.
La nota poi prosegue così:
“Il Comitato, da un lato, constata con piacere che grazie alla sua opera ed alle pressioni esercitate gli enti si stanno finalmente muovendo per comprendere quale sia stato l’impatto del cementificio sul territorio e sui suoi abitanti; dall’altro, però, rileva con disappunto come le amministrazioni continuino con ostinazione a tenere i cittadini lontani da ogni possibilità di partecipazione e confronto, anche su temi di fondamentale importanza come quelli della salute e dell’ambiente. Senza entrare nel merito delle decisioni prese (due centraline e uno studio sui licheni sembrano ben poca cosa a fronte del monitoraggio “completo” – anche suolo e animali – promesso alla riunione del 6 dicembre) e senza discutere sulla distribuzione degli oneri derivanti dallo studio (posti a carico della comunità e non del soggetto che ha inquinato), stupisce la circostanza che il monitoraggio ambientale venga deciso quando il cementificio opera da oltre quarant’anni e dopo aver autorizzato la Sacci a realizzare un impianto delle dimensioni e della potenzialità pari a due volte e mezza l’attuale struttura. Appare, inoltre, inqualificabile l’autorizzazione ad operare in deroga alla normativa nazionale e comunitaria in tema di emissioni nocive, concessa alla Sacci senza tuttavia conoscere l’impatto che fino ad ora ha avuto il cementificio sul territorio e sulla popolazione. Si sottolinea che la vigente normativa comunitaria e gli accordi sottoscritti dal nostro Paese, obbligano gli enti pubblici a coinvolgere le associazioni di cittadini nelle decisioni riguardo alle attività che hanno un apprezzabile impatto ambientale. Riteniamo che la riunione del 27 gennaio, oltre ad essere illegittima, rappresenti l’ennesima occasione persa e l’ennesima dimostrazione di come gli enti non riescano a mantenere gli impegni assunti e a rispettare le regole, quando questi impegni e queste regole comportano trasparenza e collaborazione con la cittadinanza”.