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Oh, Canada
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“Oh, Canada” è il nuovo film di Paul Schrader

Il documentarista, ormai anziano e malato, Leonard Fife (Richard Gere), decide di raccontare la sua vita in un documentario realizzato da alcuni suoi ex studenti: assistito dalla moglie Emma (Uma Thurman), racconta davanti ad una telecamera il suo passato. Lo narra interamente, senza omettere nulla: vuole finalmente dire tutta la verità su di lui (la fuga in Canada per evitare la leva durante il Vietnam e le tante donne che ha abbandonato per fuggire dalle proprie responsabilità).

Oh, Canada è il nuovo film di Paul Schrader, è stato presentato in concorso al Festival di Cannes 2024, ed è tratto dal romanzo “I tradimenti”, di Russell Banks (il film è dedicato allo scrittore, scomparso nel 2023). Il peso del passato è un tema centrale nella filmografia (tanto da sceneggiatore, quanto da regista) di Paul Schrader e questa volta il suo protagonista affronta il proprio passato di tradimenti tramite la confessione. Da indagatore della verità, da esploratore del reale e dei suoi segreti, il documentarista Fife diventa oggetto d’indagine e riporta le sue tante evasioni dalle responsabilità, dettate dai suoi “principi”, dalla sua inquietudine e dalla sua paura.

La vita di Leonard è stata una corsa continua, fino all’approdo in Canada e alla quasi casuale carriera da documentarista, l’aspetto più fortunato della sua vita. Fife racconta queste confessioni come se fosse ad una seduta psicoanalitica: ricostruisce il suo passato parlando alla telecamera, senza avere il regista davanti (una tecnica da lui inventata, come dicono i suoi ex studenti, un’idea ripresa dalle sedute di Freud); il documentarista diventa una sorta di terapeuta, deve mettersi di lato, lasciando così modo alla verità di venire fuori tranquillamente. Il monologo di Leonard non è lineare, è costituito da continui salti indietro ed in avanti nel tempo: la regia, per rendere al meglio la costellazione di eventi e sentimenti provati dal protagonista, alterna continuamente scene a colori ed altre in bianco e nero, ed utilizza diversi rapporti d’aspetto (dallo stretto 4:3, nei momenti in cui l’anziano Fife racconta la propria vita, ai rapporti più panoramici, quando i flashback mostrano il passato, quando la vita era ancora ampia e tutta da vivere).

Un’esistenza tormentata e caratterizzata da una costante insofferenza, tale da far sentire anche il giovane Fife (interpretato da Jacob Elordi) schiacciato dalla vita: le scene del giovane Leonard lo vedono spesso inquadrato dal basso verso l’alto, con le pareti ed il soffitto delle stanze ben visibili. Così facendo, l’imponenza e la forza del personaggio, scaturite da questo tipo di inquadratura, vengono attutite e soffocate (un espediente già utilizzato da Orson Welles in Quarto potere). Oh, Canada è un film schietto sul peso della fuga, sull’oppressione del passato, sul dolore causato da certe scelte, ed è capace di mostrarci come certe azioni, nel tempo, possano crescere nella nostra coscienza come un macigno. Un macigno talmente pesante da diventare insostenibile: diviene quindi necessario liberarsene, anche a costo di raccontare tutto davanti ad una telecamera, tanto da dare un’immagine pubblica di sé nuova, ricca delle tante contraddizioni nascoste per tutta la vita.

Silvio Gobbi