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Vermiglio
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“Vermiglio”, il film di Maura Delpero che ha vinto il “Leone d’argento” a Venezia 2024

Maura Delpero ha partecipato alla 81ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia 2024 ed ha vinto il Leone d’argento – Gran premio della giuria con il film Vermiglio. L’opera è ambientata in un paesino del Trentino-Alto Adige nel 1944, verso la fine della Seconda guerra mondiale: in questa piccola comunità, c’è la famiglia Graziadei, una famiglia composta dal padre, il maestro Cesare (Tommaso Ragno), dalla madre e da tante figlie e tanti figli. Una delle figlie, Lucia (Martina Scrinzi), si innamora di un soldato siciliano, Pietro (Giuseppe De Domenico), fuggito dai tedeschi e rifugiatosi dalla famiglia Graziadei: i due giovani si innamorano, ma questa relazione si rivelerà complessa e creerà non pochi problemi all’interno di questo grande nucleo familiare.

Vermiglio è un lungometraggio capace di rappresentare con autenticità quel mondo contadino con le sue memorie ed abitudini, riuscendo a far rivivere genuinamente quell’atmosfera e quella realtà ormai lontanissime da noi. La vicenda raccontata dalla regista sa affascinare e catturare l’attenzione, grazie alla scrittura accurata (gli eventi sono ben sviluppati ed ogni personaggio è ricco di sfumature e particolarità) ed alla regia pulita e mai didascalica. L’ambientazione contadina di Vermiglio può farci tornare in mente il cinema di Ermanno Olmi (L’albero degli zoccoli), ma l’opera di Delpero possiede al suo interno un dinamismo naturale ed inquieto non così presente nel lavoro di Olmi: tramite alcune figure, come quella di Lucia e di Cesare, vediamo certamente la staticità ereditaria di quel mondo contadino e dei ruoli “fissati” che ogni membro della comunità doveva avere, ma notiamo anche delle fughe, delle piccole anomalie, delle forme embrionali di “distacco” da quel mondo.

I personaggi di Vermiglio incarnano tanto il passato quanto l’inizio di un movimento irrefrenabile verso una nuova realtà, pronta ad imporsi in maniera non certo repentina, ma graduale e costante. In Vermiglio questi mutamenti sono appena percepibili, intuibili ed embrionali, ma sono presenti, rendendo l’opera tanto pacata quanto dinamica al tempo stesso: un lungometraggio curato nei dettagli, nelle ambientazioni e nella ricostruzione, un’opera drammatica dalle solide componenti storiche ed antropologiche, dove la serenità è presente anche nelle difficoltà, dove il dramma può nascondere la gioia e dove le trasformazioni (dei protagonisti e del mondo) sono lentissime, ma inesorabili.

Silvio Gobbi

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