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Luigi Balducci e alcune delle sue sculture
Luigi Balducci e alcune delle sue sculture

Con Luigi Balducci scompare un grande artista settempedano

di Alberto Pellegrino

Il 21 luglio 2022 si è concluso il percorso esistenziale di Luigi Balducci, che era nato a San Severino Marche nel 1923, dopo un lungo viaggio pieno di esperienze e di vicissitudini umane e artistiche. Con Luigi Balducci la più eminente figura di artista del panorama culturale settempedano del Secondo Novecento, quando per molti anni di distinto per la sua attività di scultore in campo locale, regionale e nazionale. Minatore, operaio, artigiano del marmo e del legno, partigiano e attivista politico, Balducci ha condotto la prima parte della sua vita nel segno del lavoro a sostegno della sua numerosa famiglia e nel segno dell’impegno civile, professando sempre in modo chiaro e coraggioso la sua fede di militante nella sinistra.

Agli inizi degli anni Sessanta Balducci, che aveva studiato presso la Scuola d’Arte “Ercole Rosa” di San Severino, riscopre la propria vocazione artistica e comincia a incidere e a scavare il legno, il tufo e la pietra (per arrivare infine al bronzo) per creare figure e forme capaci di rappresentare il suo ricco mondo interiore, di placare attraverso le opere quella specie di “fuoco sacro” che gli infiammava l’animo e che si manifestava anche attraverso la sua passionalità nel parlare d’arte, di politico e di varia umanità, esprimendo quella saggezza antica ereditata dai suoi antinati.

Balducci ha quindi iniziato a lavorare su materiali “poveri” come il legno e la pietra arenaria o la pietra “serena”, attraverso i quali ha trovato lo strumento idoneo per dare libero sfogo alla sua energia e creatività, alla sua voglia di essere in qualche modo presente nella società del suo tempo per far sentire la sua “voce” di arista, la sua capacità di esaltare i valori umani e spirituali dell’uomo, di criticare gli aspetti più negativi e deteriori della vita sociale e politica.

Balducci in un primo momento si espresso secondo modali artistici che alcuni critici d’arte hanno voluto definire “naif”, ma questa collocazione artistica è ben presto piuttosto ristretta e limitativa del potenziale artistico che poteva esprimere la personalità e la fantasia di questo artista. Infatti, ben presto Balducci ha cominciato a liberarsi di certi stilemi che potevano “confinarlo” nel mondo naif e ha cominciato a creare forme concettualmente molto più complesse e stilisticamente più raffinate, opere maggiormente in sintonia con i percorsi tracciati dalla scultura italiana negli anni Settanta e realizzate con pietre più pregiate, con il marmo e con il bronzo.

Nella sua prima stagione artistica Balducci ha avuto l’intuizione di affidarsi al suo istinto, alla sua naturale sensibilità che gli hanno consentito di adattare le forme casuali di rami d’edera, radici, pezzi di ulivo, pietre scavate e dilavate dal tempo in suggestive trasfigurazioni che la sua fervida immaginazione poteva intravvedere, che erano suggerite da notturne visioni oniriche o da stimoli profondi dell’inconscio. In questo periodo percorre strade solo apparentemente diverse e persino contrastanti: usa la materia per creare figure di donne, di uomini, di animali; penetra nella pietra o nel legno per estrarne forme astratte. Tutte queste opere testimoniano la presenza di due anime che convivono dentro l’uomo e l’artista: da un lato, Balducci avverte il bisogno di soddisfare l’innata esigenza di scandagliare e cercare di comprendere la realtà circostante, creando volti e immagini che hanno colpito la sua sensibilità umana; dall’altro, l’urgenza della sua fantasia lo spingono a fare vita a forme che scaturiscono dal suo mondo interiore.
In seconda stagione artistica questo autodidatta d’ingegno comincia a creare affascinanti spirali, percorsi che attraversano la materia, inventa forme secondo una fantasiosa visione di pieni e di vuoti, modula forme arcaiche e modernissime che ruotano intorno al proprio asse fedeli, rimanendo fedeli al canone classico della scultura a tutto tondo che consente di circumnavigare l’opera per scoprirne le sue molteplici facce.

Per tutta la vita Balducci ha lavorato rimanendo costantemente fedele alla sua orinale personalità, alla sua visione della vita e dell’arte, mettendo nello stesso tempo sempre in discussione le sue opere per arrivare a nuove scoperte, a nuove invenzioni o reinvenzioni, sempre pronto al cambiamento, sempre fedele a quel tormento interiore proprio dell’artista. Nell’analizzare la sua evoluzione artistica, il critico Nevio Iori ha scritto: “Solo chi non accetta l’arte come gioco, ma come sublimazione del naturale in sé perché continua contrapposizione fra il reale e il metafisico, fra il naturale e il surreale per trarre metamorfosi del pensiero fatto forma, dello spirito che plasma cose per fermarle nello spazio, nel tempo, nell’anima del prossimo, ha dubbi e tormenti”.

Giunto nel pieno della sua maturità, Luigi Balducci è un artista che ha scoperto la poesia delle forme, l’importanza della coerenza linguistica, l’emozione e la consapevolezza di saper comunicare anche i suoi sentimenti più intimi. Rimane sempre ammirevole la coerenza di tutte le sue opere che nascono dall’esigenza di capire la vita, di cercare una spiegazione ai fenomeni che riguardano il nostro tempo, di voler rappresentare i drammi, le spirazioni, le conquiste, le crudeltà, le violenze, gli slanci generosi degli esseri umani attraverso una scultura che ha saputo donare una vita e un linguaggio ai rami e ai tronchi degli albero, alla pietra e al bronzo, partendo dalla materia offerta dalla natura per arrivare direttamente all’anima e alla mete degli esseri umani.

Balducci, che nel corso della sua attività artistica, ha ricevuto molti premi e riconoscimenti ufficiali, che ha visto collocare alcune sue opere in importanti collezioni e gallerie come la Pinacoteca Civica di Correggio, il Museo d’arte moderna della Fondazione Pagani di Legnano, la Galleria Antoinette di Parigi, ha lasciato presso la sua abitazione un imponente patrimonio di sculture che istituzioni pubbliche e private dovranno trovare il modo più idoneo per valorizzarlo senza disperderne la memoria.

 

Principali mostre collettive e personali

Seconda Biennale Nazionale d’Arte Sacra, San Severino Marche (1966); Piccola Galleria UCAI, Brescia (Personale, 1967); Premio Nazionale “Salvi” di Sassoferrato (edizioni 1967, 1968, 1969); Il mondo dei naif. Festival dei Due Mondi (Palazzo Anchiani, Spoleto, 1968); Il paradiso dei naif. Palazzo dei Principi, Mostra Internazionale di Correggio (1969); Mostra del piccolo formato, Galleria UCAI, Brescia (1969); Mostra del piccolo formato, Galleria UCAI, Brescia (1970); Mostra internazionale di scultura all’aperto della Fondazione Pagani, Legnano Castellanza (edizioni 1970 e 1972); Mostra Nazionale Città di Asti (edizioni 1970, 1971, 1973); Prima Biennale Internazionale Naif Città di Como (1974); Pinacoteca Comunale di San Severino Marche (Personale, 1976) unitamente alla pittrice polacca Alina Kalczynska in occasione delle Celebrazioni Internazionale in onore di Virgilio Puccitelli; Seconda Triennale Nazionale di Arte Naive, Galleria Zanardelli, Concordia di Modena (1976); Palazzo Ducale di Colorno a Parma (Personale, 1977); Centro Culturale d’arte “Il Torchio”, Modena (Personale, 1977), Centro artistico culturale di Brescia (Personale, 1978); Mostra personale nel Museo Civico di Milano in occasione della Settimana dei Comuni Marchigiani (1980); Mostra collettiva degli artisti della “cerchia” di Remo Scuriatti nella Pinacoteca Comunale di San Severino Marche (2020).

Hanno scritto di lui i critici d’arte

Nevio Iori: “Da anni seguiamo il procedere lento e sicuro dell’artista Luigi Balducci e il suo evolversi sempre più cosciente cin conferma l’intensità di pensiero-forma congiunto radicalmente in ogni esperienza tratta dalla materia […] Dell’originaria naiveté conserva la spontaneità inventiva insita e l’inconfondibile afflato poetico che permea le sue opere. Ma, come avevamo preconizzato fin dal primo incontro, l’esercizio lo avrebbe maturato per inserirlo fra gli scultori contemporanei con una propria, indiscussa personalità […] Un Brancusi italiano ovvero uno spirito che nella scultura sa infondere il meglio di se stesso […] un artista completo, che liberando lo spirito, anima gli oggetti, dà loro un respiro sempre maggiore”.

D’Alma Folco Zambelli: “La fantasia di Balducci si perde in affascinanti spirali, in cordonature d’alte lega manieristica […] Ma i valori positivi di questo artista autodidatta si hanno soprattutto quando approda ad espedienti di estremo oriente, quando si compiace dei pieni e dei vuoti che ruotano intorno a un unico asse[.] I problemi vengono da sé, violenti imprevisti dove il mare è più libero: nell’imponderabile della coscienza nasce il linguaggio più puro”.

Elverio Maurizi: “Il lavoro di Luigi Balducci assume una propria ragione nell’insistente volontà di superare le difficoltà tecniche al fine di piegare i materiali più ostici alla sua fantasia creatrice e per dare un contributo sostanziale all’emergere dalle profondità dell’io di quelle plastiche risultanze, rivelatesi ricche di contenuti e di forza rappresentativa”.

Anna Micozzi Ferri: “Nei materiali levigati di Luigi Balducci ritornano ossessive le memorie; nelle sempre nuove e diverse forme labirintiche e involute, nella dinamica verticalità ora tormentata, ora composta e lineare, si rivela uno scavare insistente nel passato, alla ricerca di se stesso, della sua verità più autentica, in cui sofferenza e inquietudini si placano nell’elegante compostezza di linee e l’immediata istintività si stempera nell’esigenza di un messaggio che trascenda il personale per farsi corale e universale”.

Il poeta Settimio Cambio: “Da grezzi e insignificanti rami e piccoli tronchi d’albero, sotto la sua mano vigorosa e trepida si sprigionano figure a tutto tondo, machere doloranti, trattate con un’impronta d’arte primordiale, ma con un personalità sconcertante e un’inquietudine che sembra placarsi solo nell’estenuante e indefesso lavoro”.

Il poeta Achille Alba: “La maggior parte dei lavori in legno di Luigi Balducci sono figure a tinte forti che spesso rivelano nella deformazione violenta il tragico dinamismo della sofferenza […] e se ci domandiamo perché le sue maschere sono dolorose e cattive, perché i suoi volti sono talvolta tormentati e orridi, troviamo forse una risposta in un sottofondo sociale”.

I funerali sono stati celebrati oggi, sabato 23 luglio, alle ore 16 nella chiesa di Santa Maria della Pieve. Ne hanno dato il triste annuncio i figli Rosalia, Silvana, Maurizio, Fausto, Daniela e Rita assieme a generi, nuore, nipoti, pronipoti e alla cara Sofia.

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