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Elcito non diventerà Disneyland

A bocce ferme è tempo di bilanci e riflessioni. La Regione Marche ha reso nota la graduatoria del bando per l’assegnazione di 20 milioni di euro del bando per la rivitalizzazione di borghi in abbandono o a rischio: Elcito è stato escluso. Sono convinto che la Regione, che aveva già consacrato Elcito nelle proprie brochure come luogo “in cui il tempo si è fermato” e lo ha incluso per sua tutela in una Riserva naturale, non avrebbe mai approvato quello che a molti è sembrato un progetto inadeguato e che – si è saputo poi – rievocava una bizzarra ipotesi già ventilata quarant’anni fa come ilare boutade carnevalesca. Era stata, infatti, diffusa qualche settimana fa dall’ufficio stampa della città di San Severino la notizia che un “pool di tecnici” aveva redatto un progetto di fattibilità tecnica ed economica, cito testualmente, per “la creazione di percorsi turistici e culturali, la realizzazione di un vero e proprio sistema di collegamento con scale mobili e ascensori sotterranei, il recupero delle mura storiche e delle fonti … il recupero di un immobile che sarà destinato ad info point, la creazione di un museo e di una foresteria…”.

Come se non potessero bastare queste faraoniche opere, si leggeva in uno stentoreo virgolettato del primo cittadino su una testata locale: “si pensa anche a una funivia” (sic!).

È ovvio come chiunque di buon senso si sia reso immediatamente conto che le infrastrutture immaginate fossero assolutamente irrealizzabili senza causare danni irreversibili. Se si fosse poi voluto fare un banale ‘conto della serva’, sarebbe bastato osservare che il sistema di risalite meccanizzate di Spoleto, fatto di scale mobili e ascensori (senza funivia!), sta avendo gravi problemi di sostenibilità. Non occorreva quindi la certificazione di un economista per pronosticare come anche queste infrastrutture del “Tibet delle Marche” sarebbero state destinate a chiudere dopo pochi mesi.

Venendo poi al “recupero delle mura”, sarebbe stato sufficiente che i tecnici avessero fatto un giro per il castello (e non “borgo”, termine oggi abusato che lasciamo ai paesologi sulla cresta dell’onda) per accorgersi che queste non esistono più. Cessata la funzione di difesa le mura furono progressivamente demolite e i materiali reimpiegati nella costruzione delle abitazioni che oggi ne costituiscono la peculiarità. Nessun recupero della cinta muraria sarebbe dunque stato possibile, a meno che non si volesse replicare l’operazione di pessimo gusto condotta qualche anno fa sul castello di Statte, imbarazzante Disneyland di cemento armato camuffato con pietra nel territorio camerte.

È fatto noto che Elcito non ha spazi di sviluppo: è logico pensare, infatti, che ogni forma di infrastrutturazione a servizio della sempre crescente domanda turistica della Riserva del San Vicino e del Canfaito e del cosiddetto “Tibet delle Marche” possa trovare spazio grazie a un processo di riqualificazione del complesso rurale dell’Abbadia di Valfucina, senza deturpare il vicino castello, che è un perfetto cristallo di roccia in mirabile equilibrio con l’ambiente che lo circonda. Ne ho già scritto più volte su queste pagine.

Il castello ha solo bisogno di piccoli interventi mirati: una rete fognaria efficiente, l’interramento dei cavi elettrici e telefonici, pavimentazioni compatibili per eliminare l’asfalto e la realizzazione di quel parcheggio di servizio appena al di fuori dell’abitato, che la Pro loco locale da anni si sta adoperando per far realizzare. Se gli enti preposti all’iter di variante del piano della Riserva avessero avviato le procedure necessarie, ora queste sarebbero terminate e il parcheggio già in funzione.

La vera necessità per Elcito è un serio Piano particolareggiato di centro storico, già previsto dal Regolamento della riserva e che dorme da anni in qualche cassetto del Comune o dell’Unione montata. Il recupero degli edifici dovrà avvenire con il massimo rigore, proprio per preservare quel carattere di unicità che è universalmente riconosciuto; per rendersene conto basta leggere le centinaia di commenti in questo senso su Trip Advisor.

I caratteri da salvaguardare assolutamente sono, a mio parere, il rapporto pieni-vuoti nelle murature con le ridotte dimensioni di porte e finestre, gli sporti ridottissimi delle gronde, la pendenza dei tetti (si sono commessi veri obbrobri in questo senso), l’altezza degli edifici, le tecniche costruttive e l’uso dei materiali di finitura. Non si può pensare che in un paese come Elcito possano trovarsi gli standard abitativi di qualsiasi altra località. Non è possibile tentare di adattare Elcito alle nostre esigenze di confort; è invece indispensabile adattare queste alle peculiarità di Elcito.

Quel progetto rigettato dalla Regione era sembrato francamente nient’altro che uno slogan dettato più dalla bulimia scatenata dal Pnrr e, come purtroppo era logico prevedere, è già un boomerang. Difatti, agendo così superficialmente, si è persa l’occasione per proporre altre località veramente bisognose di interventi organici come il castello di Pitino o a quello di Carpignano, senza nemmeno aver avuto la chance di competere veramente.

Luca Maria Cristini

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