Ezio Raimondi (1930-2019) è stato un noto artista nel panorama settempedano e non solo. Di lui, ha scritto il professor Alberto Pellegrino: «[…] autore di paesaggi campestri e urbani, di nature morte e soggetti floreali densi di colore, caratterizzati da un segno sempre deciso e nello stesso tempo armonioso. Quello che colpisce maggiormente nelle sue opere è la ricchezza cromatica fondata su colori vivaci che a volte si fanno materia, creando uno straordinario gioco di luci e ombre. Ha partecipato a numerose mostre, tra cui una “Collettiva” nazionale nel Palazzo delle Esposizioni di Roma; ha ricevuto diversi premi e riconoscimenti» (dal catalogo Remo Scuriatti, fotografo e pittore, p. 107).
Un artista che ha sempre alternato la vita professionale (lavorava in banca) alla pittura, maturando una vasta produzione pittorica ricca di colori e di segni scattanti. Ma non tutti sanno che la sua prolifica produzione artistica comprende anche delle inedite illustrazioni dei canti della Divina Commedia, purtroppo mai pubblicate. Grazie alla figlia Cristina, restauratrice di dipinti, veniamo a conoscenza di questo corposo ed inedito tesoro illustrato, perfetto per questo periodo, i settecento anni della morte di Dante.
Questa versione illustrata della Divina Commedia, nacque dall’idea della professoressa Anna Micozzi Ferri, la quale, con evidente intuito, chiese all’artista di illustrare alcuni dei canti, prendendo come spunto le famose incisioni che Gustave Doré realizzò a fine Ottocento. Il corpus delle illustrazioni realizzato da Ezio Raimondi è composto da immagini caratterizzate dal segno dinamico e, al contempo, preciso, accompagnate da brevi sunti dei canti alla portata di ogni lettore. Il prodotto ha avuto una lunga gestazione: egli ha realizzato una grande quantità di prove e di bozzetti, ha lavorato a queste riproduzioni dagli anni Ottanta al 2003 (con una “edizione finale” nel 2008). In principio ha realizzato una folta serie di disegni in bianco e nero (a pennarello nero), poi, ha creato le versioni colorate, tali da donare vivacità ai disegni, grazie alle campiture policromatiche eseguite con pennarelli, dallo stile a metà tra “pop art” e “neobarocco”.
Sono più di 130 le immagini definitive, dall’Inferno al Paradiso, ed inoltre, ogni breve sinossi dei canti è tradotta in inglese, francese e tedesco (aveva pure pensato ad una traduzione in cinese, come un appunto scritto a mano ci suggerisce). Raimondi non si è limitato a riprodurre le incisioni di Doré, ma ha creato delle vere e proprie visioni autonome, dove segni “nervosi” e colori vivaci testimoniano la propria e corroborata verve creativa. Immagini che danno corpo ai versi della Commedia e, in certi casi, capaci anche di ricordare la città di San Severino: interessantissima la citazione delle due Torri settempedane nel disegno del canto XXXIII dell’Inferno, la parte del conte Ugolino imprigionato con i figli nella Torre della Muda a Pisa.
Questo “progetto grafico” è atto a «interessare oggi e domani TUTTI», come ha scritto l’artista stesso: un lavoro pensato per chiunque, anche per i più piccoli. Un’opera che merita il giusto riconoscimento, magari una mostra dedicata e, meglio ancora, l’effettiva pubblicazione e distribuzione, per la qualità e la perizia che la distinguono.
Silvio Gobbi