Nel libro di sala del Macerata Opera Festival 2021 dello Sferisterio leggo un interessante articolo sul decennio di costruzione dell’arena, incentrato in maniera precipua sulle vicende che hanno condotto alla realizzazione dell’arena maceratese. L’autore, dopo un’ampia dissertazione sulle travagliate fasi preliminari del cantiere, chiude il proprio scritto con alcune affermazioni che, a mio giudizio, tenderebbero a sminuire l’originalità dell’apporto progettuale di Ireneo Aleandri. Non voglio entrare nelle dispute tra Aleandristi e Innocenzisti, che tanto appassionarono negli anni ‘30 del secolo scorso gli storici Spadoni e Cordoni e, più recentemente, l’architetto Capici e il professor Piancatelli; la paternità dell’architetto settempedano è ormai assodata, è indiscutibile. Questo attuale tentativo di ridurre l’opera dell’autore a una mera collazione – così si tende ad affermare – di indicazioni di accademie e “soluzioni precedenti”, è, a mio avviso, fuorviante e completamente errato.
Se è vero, come è stato più volte scritto, che l’area di sedime dell’arena fosse già individuata e che il muro di battuta spiccava ormai dalle fondazioni, è altrettanto vero che le mirabili soluzioni architettoniche scelte per l’involucro di quello spazio sono frutto originale dell’architetto. Mi riferisco in particolare al prospetto convesso esterno, caratterizzato da quelle bucature vignolesche che si ripetono all’infinito facendo assumere all’insieme una forza espressiva di matrice dichiaratamente purista. Questo elemento modulare, impiegato qui dall’Aleandri per la prima volta, divenne poi una cifra identificativa di molti suoi lavori, tanto che la replicò in numerose altri progetti. Alla vibrante compattezza del fronte esterno fa da contrappunto l’aereo fronte interno, in cui il classico schema vitruviano del teatro, così come mediato da Palladio, viene adottato per risolvere la necessità di realizzare i palchi per i cento condomini: il risultato è quel colonnato d’ordine gigante che oggi desta ammirazione in chiunque entri in arena.
Chi conosce l’album dei disegni d’accademia dell’Aleandri sa come l’architetto si fosse già messo alla prova con un tema simile, probabilmente sotto la sapiente guida del proprio maestro Raffaele Stern. Il primo progetto dello Sferisterio, vedeva risolto questo tema con un più banale prospetto, simile a quello di un teatro del melodramma, con l’inevitabile fuori scala che ne sarebbe derivato. Il fatto poi, come si legge oltre nell’articolo, che a un che un certo punto l’Aleandri (chiamato al Lido di Fermo per seguire le opere di costruzione della villa di Girolamo Bonaparte) abbia lasciato la direzione dei lavori dell’arena maceratese, non sminuisce il valore e l’originalità del progetto e lo dovrebbe sapere chi sa ben distinguere tra progettazione, ovvero ideazione di un’opera architettonica, e direzione dei lavori, ovvero sua materiale esecuzione. Questa, forse, a mo’ di risarcimento del torto subito, fu affidata proprio al primo progettista Salvatore Innocenzi, del quale, peraltro, non si ricordano altre significative opere.
Luca Maria Cristini