Nel 1953, il duo comico noto al grande pubblico come “Stanlio & Ollio”, cominciò una tournée teatrale nel Regno Unito, per tornare alla ribalta, dopo la parabola discendente cominciata nel secondo dopoguerra. Dopo la celebrità raggiunta nelle prime decadi del Novecento, i due istrioni, ormai invecchiati e con pochi soldi (per spese pazze e diritti d’autore cinematografici non riscuotibili), dovettero ricominciare dai teatri per promuovere la loro attività: un tour, una gavetta come se fossero dei giovincelli alle prime armi. Il mondo degli anni Cinquanta era differente rispetto agli anni d’oro: i giovanissimi cominciavano a dimenticarli, nessuno voleva più produrre un loro film e nei cinema venivano lanciate nuove celebrità, come Gianni e Pinotto. Stava volgendo al termine l’era dello slapstick, che rese celebri personaggi come Buster Keaton e Charlie Chaplin: quella Hollywood era tramontata e non c’era più spazio per Stan Laurel ed Oliver Hardy. Un momento arduo della loro carriera (come il 1937, quando Stan voleva distaccarsi dal produttore Hal Roach per avere un migliore contratto), dove tra Stan e Oliver convivevano livore ed amicizia: lo storico duo, tra scommesse, soldi non ricevuti, mogli ed ex mogli da mantenere, riuscì (fortunatamente) a non perdere l’entusiasmo e la genialità. Una vitalità eterna, capace, ancora oggi, di far ridere milioni di spettatori, anziani o giovani che siano.
Ed è proprio questo ultimo anno di attività artistica il tema del film Stanlio & Ollio, di Jon S. Baird (adattamento cinematografico del libro Laurel & Hardy – The British Tours di ‘A.J.’ Marriot). Una commedia che alterna palco e realtà, dramma e risate, capace di intrattenere e divertire, facendoci riflettere sulle difficoltà di questi due maestri della commedia. Una vita fatta di compromessi, successi e fallimenti: un’eterna gavetta, durata fino alla fine dei loro giorni artistici, un continuo rischiare per rimettersi in gioco. L’immortalità artistica da loro ottenuta non corrispose ad agiatezza e benessere, e nel film ciò è chiaro: la loro fu una continua ed estenuante ricerca di lavoro e finanziamenti, sempre con i soldi contati (pur avendo girato più di cento film). L’immedesimazione da parte di Steve Coogan (nel ruolo di Stan Laurel) e John C. Reilly (Oliver Hardy) è camaleontica: i due mutano nell’aspetto, emulando alla perfezione gli atteggiamenti e la micromimica dei due comici; un’interpretazione che non scimmiotta Stanlio e Ollio, ma capace di farli tornare sul palcoscenico, riproponendo alla perfezione le loro esilaranti gag dal ritmo imbattibile. Baird raffigura Stanlio e Ollio in maniera vera e umana, risaltando la loro ancora attuale freschezza, realizzando un film che scorre piacevolmente, senza scadere nella scontata narrazione biografica dai soliti schemi didascalici: quel particolare frangente della loro vita rappresentato (il loro ritiro dalle scene) è un dramma che non cede al patetismo. Perché il loro ritiro non li ha catapultati nel dimenticatoio: il loro mito ha continuato (e continua) a vivere ed a divertire il pubblico di tutto il mondo.
Silvio Gobbi