Giorgio Zampa, un fine intellettuale del nostro Novecento, così titolava Alberto Pellegrino l’articolo-biografia, apparso sulla Voce Settempedana nel 2008, in occasione della morte di questo illustre concittadino.
Oggi, a 100 anni dalla sua nascita (avvenuta il 24 febbraio 1921), mi viene da dire, con rammarico, Giorgio Zampa chi?!?
Decisamente divergente rispetto al contesto settempedano, dal locale sentire comune non è stato mai percepito né considerato parte integrante della comunità. Si spiega così, a mio parere, il fatto che sia in vita come in morte mai gli sia stato dato un pubblico ufficiale riconoscimento, né sia stata adeguatamente sottolineata la sua azione di promozione culturale e turistica di San Severino a livello nazionale e internazionale attraverso il Premio e la Fondazione Salimbeni, i convegni (La scuola pittorica di San Severino e le Marche, 1992; ad esempio), i corsi di aggiornamento in Storia dell’arte per quei tempi decisamente una novità nel nostro territorio dell’Alto maceratese, le mostre anticipatrici di riscoperte artistiche.
Sotto la presidenza di Giorgio Zampa, grazie alla Giuria composta da illustri nomi internazionali (Montagu, Rosenberg, Winner, Zeri, Gregori, Zampetti eccetera), San Severino era nota nell’ambiente degli storici dell’arte, nonché meta e punto di riferimento per quanti si occupassero di arte.
Orgogliosamente l’associazione Archivio storico tipografia C. Bellabarba rivendica l’aver promosso nel 2012, tra le altre iniziative collegate alla Mostra operativa della stampa ed editoria, l’unica, finora, ricostruzione della figura di Giorgio Zampa con l’intervento del professor Giuseppe Benelli, che si è occupato, sempre per la stessa associazione, del rapporto Zampa-Montale nei Diari inediti del nostro concittadino, studio presente nel catalogo Le linee della mano, collegato alla mostra di disegni e dipinti montaliani allestita per i 50 anni dalla pubblicazione degli Xenia I.
Il primo incontro di Giorgio Zampa con Montale è dell’ottobre del ’39, a Firenze, quando grazie a Carlo Bencini della libreria Seeber ottiene una dedica su Le occasioni edizione Einaudi.
Sarà l’inizio di una frequentazione durata tutta una vita. Dopo quel primo incontro ne seguirono altri: inviti a casa Montale sia a Firenze, quando il poeta andò a vivere con Drusilla Tanzi (la Mosca) in viale Duca di Genova, sia poi a Milano in via Bigli 12; al caffè Giubbe Rosse dove eccezionalmente, lui giovane ventenne, era ammesso al conversare di Montale con i suoi amici (Landolfi, Bonsanti, Loria); d’estate a Fiumetto di Forte dei Marmi, dove la famiglia materna di Giorgio Zampa trascorreva i mesi estivi. La casa era frequentata oltre che da Montale, che sua zia Nella chiamava “il pongone”, da Bigongiari, Gadda, Pea; contemporaneamente Zampa si legava all’ambiente letterario che gravitava in Versilia conoscendo, tra gli altri, Quasimodo, Berlenghi, Calamandrei.
Fu un legame duraturo quello con Eugenio, Eusebio per gli amici, spezzato solo dalla morte del poeta. Un affetto profondo, incondizionato, tenero ma anche tormentato, che a volte procurava autentica sofferenza a Zampa, che pretendeva un rapporto unico e privilegiato da Montale, il quale invece rispondeva con un atteggiamento vissuto dal nostro come ingrato se non sprezzante.
Dai Diari emerge una personalità complessa, rigorosa; Zampa è assai critico e a volte ingeneroso verso se stesso, nonostante i grandi riconoscimenti ottenuti, gli incarichi prestigiosi nel teatro e nell’editoria, e lo è soprattutto quando “rilegge” i suoi anni giovanili.
“…un giovinastro… un’espressione non intelligente né simpatica, di primo della classe, belloccio e inconcludente, il solito fuoco di paglia”, commenta nel 1996 una sua foto che lo ritrae a Firenze con Montale; oppure nel 1993 “La mia improntitudine, mescolata a timidezza altrettanto grande, quando ero molto giovane. Quel mio sfacciato propormi o anche solo quel non tirarmi indietro, quando mi proponevano cose che ignoravo”. E nel 1973 “Gli anni che ho trascorso tra Corriere e Stampa, ma specie nel primo, sono il più grave, empio peccato della mia vita: ho ceduto alla volgarità, alla facilità, questo non potrà essere difeso né giustificato…”.
Come scrisse a suo tempo Alberto Pellegrino, “Nonostante sia vissuto lontano dalla sua regione, Zampa non ha mai spezzato i legami sentimentali con la sua città natale e la sua terra”, e San Severino ha un debito morale nei suoi confronti.
Donella Bellabarba