di Alberto Pellegrino *
Ho accettato l’incarico di curatore della mostra con la convinzione che fosse necessario impegnarsi per riproporre la figura di un artista quasi del tutto dimenticato. Sul piano personale ho avvertito il dovere di non tradire la memoria di un personaggio che, nonostante la differenza d’età, mi ha sempre onorato della sua amicizia e della sua stima. È stata un’affascinate avventura vissuta con l’assessore alla cultura Vanna Bianconi, con l’architetto Shura Oyarce Yuzzelli, responsabile per l’allestimento della mostra, con il pittore Paolo Gobbi che ha curato la schedatura e ha coordinato le operazioni di recupero delle opere affidate ai restauratori Cristina Raimondi (per la pittura) e Michele Boncagni (per la fotografia).
Per collocare Remo Scuriatti nel panorama artistico marchigiano del secondo Novecento, si è fatto ricorso agli storici dell’arte Lucio Del Gobbo e Giuliana Pascucci, ai quali è stato affidato il compito di ricostruire la personalità e il percorso creativo dell’artista, partendo dal periodo figurativo per arrivare alla stagione pittorica da lui denominata Galattica. Abbiamo voluto ripubblicare un’acuta analisi critica dello scrittore Achille Alba, anche per onorare la sua recente scomparsa. A me è toccato il compito di mettere in evidenza come Scuriatti sia stato un importante ritrattista alla pari dei maggiori fotografi marchigiani della prima metà del Novecento, mentre il critico cinematografico Silvio Gobbi ha tracciato un quadro storico del cinema del periodo. Per completare il panorama culturale si è pensato di allestire un’Antologica con le opere degli artisti contemporanei a Remo Scuriatti. Ritengo che la mostra e il catalogo possano restituire il meritato valore a questo autore.
Un’autentica scoperta, a mio avviso, è rappresentata dalle ultime opere, dove egli sembra distaccarsi dal peso della realtà terrena per avventurarsi nell’immensità degli spazi siderali, dando libero sfogo alla sua creatività. Prediligo due quadri: Era spaziale. Vascello fantasma, il cui titolo richiama il melodramma L’Olandese volante ovvero Il vascello fantasma di Richard Wagner, che il melomane Scuriatti sicuramente conosceva; Era spaziale. Allan Shepard e compagni scorgono ancora un lembo di terra, che suscita in me forti emozioni per quell’accavallarsi di nubi e vapori dalle forti valenze cromatiche in una dimensione visionaria, nella quale l’autore sembra trovare un sicuro rifugio alla sua inquieta esistenza. Come un novello Astolfo, che nell’Orlando furioso viaggia a cavallo dell’Ippogrifo alla scoperta del fantastico mondo lunare, Scuriatti cavalca il suo magico pennello per guardare con distacco la Terra, usando la metafora dello spazio cosmico per dare un originale addio alla vita e ai suoi amici più fedeli.
* curatore della mostra