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La scuola "Luzio"
La scuola "Luzio"

Cristini: “Sulla scuola da fare apriamo un dibattito serio”

Avendo letto alcune mie prese di posizione sui social, Gaia Gennaretti, corrispondente per vari giornali da San Severino, mi ha voluto coinvolgere in una sorta di ‘forum’ pubblicato sul Resto del Carlino di qualche giorno fa. Gaia ha proposto un’ottima sintesi del mio pensiero su una questione che dovrebbe vedere il coinvolgimento di tutti, vista la rilevanza del tema e le conseguenze che una o più scelte connesse avranno per anni sulla vita della città, tuttavia il ridotto spazio in pagina non ha permesso che il mio pensiero fosse esposto nella sua interezza. Provo con queste poche altre righe a colmare questa lacuna.

A mio avviso la questione della scuola Luzio andrebbe affrontata su due diversi piani: il primo è quello della adeguabilità dell’edificio attuale alle esigenze di sicurezza per chi la frequenta e della sua adattabilità alle prestazioni che ci si attende da una scuola al passo con gli attuali criteri della didattica. Il secondo piano è quello che conseguirebbe da una eventuale impossibilità di realizzare entrambe le condizioni del punto precedente.

Per quanto concerne il primo tema, non ho molti dubbi circa il raggiungimento di tali condizioni; pur non conoscendo le criticità che la scuola ha manifestato, il fatto stesso che essa sia stata usata per due anni come sede dell’Itis sono per me sufficienti a garantire che la situazione non sia così catastrofica, altrimenti si profilerebbe una gravissima responsabilità nei confronti di chi questa situazione ha permesso. Ve lo immaginate cosa significhi tenere centinaia di persone per cinque ore, sei giorni alla settimana dentro un edificio con gravi vulnerabilità sismiche in un’area definita di alto rischio come la nostra? Sarebbe assurdo, anzi criminale. In ogni caso porto l’esempio più volte fatto del cinquecentesco palazzo vescovile settempedano, edificio costruito in più riprese, su preesistenze, con volte spingenti su due livelli fuori terra. Dopo gli interventi di miglioramento sismico eseguiti tra il 2000 e il 2007 non ha riportato danni strutturali ed è usato attualmente come centro parrocchiale per il catechismo e le associazioni, sede scout, deposito dei beni culturali di gran parte dei 34 Comuni della diocesi, oltre che avere al proprio interno due abitazioni.

Detto questo vorrei esporre il mio pensiero in merito al secondo aspetto della questione che riguarda la localizzazione di un eventuale nuovo plesso scolastico. Sgombro subito il campo dicendo che la parola “campus”, cui molti fanno riferimento per definire un polo scolastico con istituti di diverso grado, è solo uno slogan fuorviante e sono convinto che la maggior parte di chi la usa non ne conosca il vero significato. Un campus è un luogo ove si concentrano edifici per la didattica, per la ricreazione, per attività culturali e per le residenze di chi frequenta tali centri di formazione. Un campus è di per sé una cittadella autonoma – solitamente di livello universitario, ma anche per la scuola secondaria superiore – che si trova in genere negli Usa e che nulla ha a che vedere con le nostre realtà. Anzi ne è l’esatto contrario. Le linee guida contenenti indirizzi progettuali di riferimento per la costruzione di nuove scuole elaborate dal Miur e proposte nel Decreto ministeriale dell’11 aprile 2013 specificano che le “aree scolastiche devono essere scelte in modo da diventare elementi di connessione per la loro naturale possibilità di diventare ‘civic center’ e contribuire alla qualità del tessuto urbano circostante”, dunque l’esatto contrario di quello che si è proposto nel piano regolatore vigente e, a maggior ragione, per quanto si è ventilato con la proposta avanzata tenacemente dell’attuale Amministrazione comunale, ovvero realizzare un polo scolastico nell’area Glorioso-Granali-Cesolo. Quest’ultima localizzazione è poi palesemente sbagliata per una serie di altri motivi, tra cui il fatto che non esiste urbanizzazione in quell’area e non c’è alcun motivo di proporre un’ulteriore direzione di sviluppo urbano per una città, la cui crescita demografica è in saldo negativo, e che deve vedere invece nel pieno recupero funzionale del centro storico la sua vera prospettiva.

Finora un dibattito aperto e pubblico su questa delicatissima materia non è avvenuto, essendosi confinata la discussione in un’improbabile ‘stanza dei bottoni’, una sorta di munitissima casamatta coperta da top secret. Sono consapevole che la legge elettorale vigente garantisca precise prerogative
a chi governa per cinque anni una città, ma allo stesso tempo avvero la necessità che questa vada urgentemente corretta, se è vero che con sei liste e a turno unico ci si possa vedere investiti di tali smisurate prerogative con il 29,7% dei consensi e con un’opposizione frammentata e disorientata che rappresenta l’altro 69,3% dei cittadini.

Speriamo che un dibattito pubblico nasca al più presto e che possa opportunamente coinvolgere tutti, con una serena valutazione di dati oggettivi e non contaminati da posizioni preconcette. Così la decisione potrà essere condivisa e consapevole.

Luca Maria Cristini

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