Dalla Caritas cittadina riceviamo e pubblichiamo la seguente nota.
“In attuazione dei principi statutari della Caritas, ci sentiamo spinti, o meglio potremmo dire in obbligo, di fare alcune considerazioni e magari provare a dare voce ai cittadini non troppo organizzati o poco orientati nel nostro strano sistema burocratico e dei servizi. Noi vediamo come i vari governi del Paese si siano adoperati e cerchino di farlo per contrastare il fenomeno della povertà, pur con le difficoltà di finanziamento e attuazione, ma sappiamo anche che la povertà non è solo un problema economico. Infatti si parla spesso di povertà, meno delle persone, dei disagi, delle cause e delle conseguenze negative che si subiscono e che determinano tali povertà.
Situazioni di povertà legate a problemi di salute, al lavoro per persone ancora in grado di farlo, alla solitudine, alla disgregazione familiare, alle dipendenze patologiche, alla mancanza di strutture di accoglienza per persone in difficoltà, a problemi di integrazione culturale e sociale e così via…
Tra le varie situazioni accennate, vorremmo soffermarci solo sull’aspetto sanitario che riveste, in generale, una forte incidenza nei contesti familiari, specie se in stato di indigenza, tanto che vediamo come si stia, man mano, affievolendo il diritto alla salute, con un numero sempre più consistente di richieste di aiuto a causa di situazioni di malattia. Quello che più di ogni altra cosa lascia l’amaro in bocca è constatare che certi servizi siano attivi, ma – per varie ragioni – non arrivino con le forme e le modalità necessarie a chi ne ha bisogno. Di conseguenza, pur accollandosi la collettività l’onere economico dei servizi sanitari pubblici – per colpa di aspetti burocratici discutibili, gestione, organizzazione e quant’altro di poco funzionale – il cittadino sempre più spesso si vede costretto a provvedere con risorse proprie (quando è nella possibilità di farlo!).
Diversamente, gli indigenti devono rinunciare a tali servizi oppure rivolgersi alla Caritas e ai Servizi sociali, sperando nel buon esito della loro richiesta.
Un’altra considerazione riguarda il fenomeno derivante da un’applicazione, a nostro giudizio, distorta del concetto di Area vasta, che consiste nel dirottare pazienti che hanno necessità di prestazioni sanitarie, oggettivamente di ordinaria amministrazione, verso strutture sanitarie distanti da quelle più vicine rispetto al Comune di residenza, non considerando affatto le conseguenti difficoltà logistiche ed economiche delle persone anziane o svantaggiate.
Queste poche osservazioni confermano come l’integrazione avviata nell’Alto maceratese dall’Area vasta provinciale non sia di certo ottimale. Difatti, se da un lato l’evoluzione scientifico-tecnologica della sanità moderna non lascia più spazio al sistema sanitario dei decenni passati, dall’altro però è indispensabile orientare efficientemente i cambiamenti.
Occorre tener conto della sempre maggiore esigenza di curare e assistere gli anziani, vera emergenza futura nell’ottica socio-sanitaria, nonché bisogna rendere realmente fruibili a tutti cittadini le prestazioni del sistema sanitario pubblico, soprattutto quando si parla di visite specialistiche, di moderna diagnostica, di terapie riabilitative e, in particolare, di prestazioni domiciliari, tutte da sviluppare. Altrimenti in futuro sempre più persone dovranno ricorrere a prestazioni a pagamento non solo presso strutture private, ma anche all’interno di strutture pubbliche, il cosiddetto regime intra-moenia, che rappresenta sicuramente uno dei nodi della sanità pubblica da rivedere radicalmente.
In buona sostanza, senza giudizi di tipo politico, si chiedono semplicemente servizi ordinari più funzionali e utili. Qualora ci fosse data la possibilità dagli Enti preposti, potremmo supportare le nostre osservazioni con situazioni specifiche che ben conosciamo, allo scopo di offrire contributi che derivano dalle esperienze concrete che viviamo quotidianamente, rappresentando la Caritas anche un osservatorio sociale privilegiato”.