In una domenica d’autunno con poche news da San Severino, vi propongo la lettura di un articolo di Massimo Gramellini, giornalista del Corriere della Sera, sull’exploit della Nazionale femminile di volley ai Mondiali appena terminati in Giappone, perché un po’ tutti – pure tanti settempedani – hanno certamente seguito in questi giorni l’impresa delle ragazze di Mazzanti e, grazie anche a loro e a uno sport meraviglioso come la pallavolo, si sono sentiti meno divisi.
Vince la Serbia. Noi siamo arrivati secondi. L’Italia… l’Italia delle “Bambine di tutti i colori” adesso è seduta in una palestra di Yokohama con le lacrime agli occhi, come se fosse uscita da una sconfitta lacerante e non, invece, da un viaggio indimenticabile, per dimostrare a tutti noi quanto sarebbe bello questo Paese se solo assomigliasse un po’ a loro. Se fosse, cioè, un Paese all’incontrario.
Piange il Capitano, Cristina Chirichella, da Napoli; si tiene le mani sul viso da modella, Paola Egonu che forse è la giocatrice più forte del pianeta. Scuote la testa Miriam Sylla che, parlando delle “Bambine Azzurre” (Bambine, sì, perché in questa squadra erano tutte così giovani che nessun altra squadra al mondo era così giovane come questa), ha detto una frase bellissima: “Noi siamo un circuito. Ci alimentiamo a vicenda”.
Ecco, questa frase mi si è piantata nella testa perché, senza saperlo, le “Bambine di tutti i colori” hanno alimentato anche noi. E certamente me, che, confessiamolo, fino alla settimana scorsa non sapevo quasi neanche che loro esistessero.
Ho provato a mettere in fila le sensazioni che mi hanno trasmesso. La prima è la sensazione che l’Italia conti ancora qualcosa. Che non sia solo il Paese che le prende da tutti, il Paese delle “manine”, sgangherato, il Paese dei complotti, delle navi bloccate nei porti, degli agenti di rating che tagliano la nostra quota, di ponti che crollano, degli sfollati costretti ad infilare la vita in uno scatolone. Piuttosto può essere ancora un Paese che è capace di sfidare chiunque grazie a quello che hanno dimostrato queste ragazze: Organizzazione e Talento. Merito.
La seconda è che anche i giovani contano ancora qualcosa, in questo Paese; che sono pile atomiche; che la loro energia è capace di tutto. Nonostante noi.
Ma lo sapete che dieci di quelle quattordici “ragazze di tutti i colori” non avevano mai partecipato ad un “Mondiale”? Se tutto va bene, abbiamo una squadra che durerà per i prossimi 15 anni. Qualcosa di straordinario.
La terza sensazione, la più ovvia, per questo forse la più difficile da dire, è che integrarsi è possibile; e che se lo si fa rispettando le regole, il salto nel futuro, per tutti noi, è sbalorditivo.
Io guardavo Paola Egonu arrivare con le sue mani a tre metri e mezzo di altezza… tre metri e 33, ho calcolato.. per schiacciare il pallone a cento all’ora. E pensavo ad una sua intervista, durissima. Quella in cui dice “La gente mi giudica con gli occhi”. Una volta, al supermercato, le commesse l’hanno seguita. Pensavano fosse una ladra. Senza sapere che lei, nata in Veneto da genitori nigeriani, è un concentrato di classe purissima, spalmato su un metro e novantatré di energia e di eleganza.
Questa nazionale di Davide Mazzanti (il suo allenatore) nessuno la giudica con gli occhi. Pensate che per dare il posto da titolare a questa diciannovenne … (perché c’è un luogo, in Italia, dove i diciannovenni sono titolari!) .. ecco, il CT italiano, sapete chi ha messo in panchina? Un’altra grande giocatrice: Serena Ortolani, che incidentalmente è sua moglie. E che succede anche questo, in quest’Italia all’incontrario. Che si lasciano in panchina i parenti per far giocare quelli che lo meritano.
Il merito, l’integrazione, la gioventù, il coraggio, la passione. E’ davvero l’Italia all’incontrario, quella delle “Bambine di tutti i colori”. Eppure sarebbe un’Italia possibile, se solo desse retta a Miriam Sylla, la ragazza palermitana di genitori ivoriani, che ha detto “Io in campo urlo ! E lo faccio per dire ‘Ci siamo ancora’. E voglio che mi sentano. Anche dall’altra parte della rete. A volte urlo anche le parolacce… forse si vede. Ma noi siamo un circuito. Ci alimentiamo a vicenda. E il mondo intero, che sta dall’altra parte della rete, lo deve sapere !”
Massimo Gramellini