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Home | Cultura | Una storia senza nome: thriller tra Caravaggio, Stato e mafia
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Una storia senza nome
Una storia senza nome

Una storia senza nome: thriller tra Caravaggio, Stato e mafia

Pubblicato da Mauro Grespini in Cultura 1,680 Visite

Michelangelo Merisi detto il Caravaggio (1571-1610) è uno dei più conosciuti pittori italiani. Grazie al contributo critico di Roberto Longhi (1890-1970, storico dell’arte di grande fama, professore prima all’Università di Bologna, poi a quella di Firenze) il genio del Caravaggio è stato rivalutato dopo un periodo di oblio. I suoi dipinti sono dinamici, viventi, caratterizzati dai famosi chiaro-scuri delle sue pennellate (il suo lavoro influenzò grandemente l’arte a venire). Uno dei lavori più noti, la Natività con i Santi Lorenzo e Francesco d’Assisi (semplicemente noto come Natività, 1600), fu trafugato nel 1969, dalla mafia, dall’Oratorio di San Lorenzo a Palermo. Questo grave furto, a tutt’oggi, non è ancora stato risolto: l’opera rimane irreperibile. La tumultuosa vicenda di questa tela è alla base della sceneggiatura di Valeria Tramonti (Micaela Ramazzotti), segretaria in una casa di produzione, autrice nell’ombra per conto del capace, ma svogliato, sceneggiatore Alessandro Pes (Alessandro Gassmann). L’idea per questo soggetto viene consigliata a Valeria da un personaggio misterioso, Alberto Rak (Renato Carpentieri), un anziano molto (troppo) informato sulla vicenda di questa tela rubata. Rak suggerirà alla sceneggiatrice vari spunti per scrivere la trama, facendo finire la protagonista in una pericolosa storia molto più grande di lei.
Una storia senza nome di Roberto Andò (presentato fuori concorso alla 75° edizione della mostra del cinema di Venezia) è un thriller avvincente, dinamico come un film americano ma dal forte stampo italiano nella trama e nei personaggi. La vicenda di questa ghost writer evolve, senza stonature, in un ben architettato intreccio tra mafia e politica, con una regia ed un montaggio degni dei migliori intrighi prodotti ad Hollywood. Nulla è lasciato al caso, ogni personaggio ha una “doppia natura”: nessuno è solamente ciò che dice di essere. Ogni figura è ambigua, celata fino alla fine, come la storia della tela: una vicenda non ancora risolta, a distanza di quasi cinquant’anni. Perché è stata rubata? A chi è stata venduta? Forse è stata data alle fiamme dalla mafia stessa? È vero che, come dichiarò, nel 1996, il collaboratore di giustizia Giovanni Brusca, la mafia propose di restituire la tela in cambio di un alleggerimento del 41 bis? Gli interrogativi sono tanti, le risposte quasi zero. L’unica certezza è che questo mistero ha fatto da ottima base per Una storia senza nome: un thriller nel quale i toni della commedia e del dramma dialogano tra di loro senza scontrarsi, arricchendo il risultato finale. Roberto Andò è così riuscito a realizzare un ritmato prodotto, adatto ad intrattenere il pubblico, capace di far trascorrere due ore come se fossero un attimo.

Silvio Gobbi

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recensione cinematografica 2018-09-22
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