Home | Cultura | Recensione. La rossa Istria di Norma Cossetto
Euro Net San Severino Marche
Red Land
Red Land

Recensione. La rossa Istria di Norma Cossetto

Luglio 1943. La guerra sta prendendo una brutta piega per il blocco italo-tedesco, Mussolini è stato destituito dal Gran Consiglio del Fascismo ed imprigionato: l’Italia è allo sbando, ha perduto la principale figura di riferimento da più di vent’anni al potere. La situazione galleggia tra la tensione e la sospensione: le zone di confine istriane sentono la pressione proveniente dai Balcani, dove si scontrano gli Ustascia di Ante Pavelić (alleati di Hitler e Mussolini) e i partigiani titini (brigate comuniste guidate dal futuro dittatore Tito). Negli anni precedenti, l’Istria ha subito una massiccia italianizzazione per volere del regime fascista, ciò ha generato ed amplificato l’odio degli slavi autoctoni nei confronti degli italiani. In queste terre (per la precisione a Visinada) vive una giovane laureanda, Norma Cossetto (Selene Gandini), figlia di un importante dirigente fascista locale. Norma è giovane e sveglia, percepisce, all’indomani dell’armistizio dell’otto settembre, che l’Istria non è più un luogo sicuro per gli italiani: l’arrivo dei partigiani titini verso le terre italiane è inesorabile e prossimo. Ed infatti si scatena una pura guerra civile: molti italiani passano dal fascismo al comunismo, chi per latente ideologia, chi per opportunismo. Cominciano i sequestri e le rappresaglie: molte sono le vittime italiane delle brigate comuniste e dei “cani sciolti”. Norma è italiana, figlia di un fascista e fascista lei stessa: non ha scampo. Viene catturata, torturata, stuprata e poi gettata in una foiba insieme a tanti altri connazionali, entrando a far parte delle viscere di quella terra, di quella “Istria rossa”, come la definiva lei, perché ricca di bauxite.
Red Land (Rosso Istria) di Maximiliano Hernando Bruno narra uno spaccato di questa contorta storia, puntando efficacemente sul dolore della vicenda in sé. Tecnicamente il regista riesce a raggiungere il proprio obiettivo: catturare l’attenzione dello spettatore narrando la violenza dell’occupazione e l’orrore delle foibe. L’ansia cresce, scena dopo scena, tanto più avanza l’ascesa dei titini. Un film diretto, efficace, dove i protagonisti sono la violenza degli occupanti e il senso d’abbandono del popolo italiano post otto settembre. I dialoghi del prete e del professore Ambrosin (un efficace Franco Nero) rendono bene questo senso di desolazione. I due, uno cattolico, l’altro laico, entrambi non fascisti né comunisti, sembrano gli unici a captare l’assenza di ragione degli scontri in corso: i fascisti sono stati violenti verso gli slavi tanto quanto gli slavi sono ora violenti nella fase di liberazione; una violenza che porta ad altra violenza, perpetuamente (un punto di approdo disincantato, quasi esistenzialista, specialmente da parte del professore). I dialoghi riusciti, il ritmo serrato, la costruzione veloce, fanno di Rosso Istria un film spedito, dove le due ore e trenta passano in un attimo, fino allo straziante finale. Straziante come la storia nel suo complesso: difficile, intricata, dove colpevoli ed innocenti si mescolano e si scambiano. I morti ci sono stati e le cifre oscillano: da chi asserisce che le vittime furono poco più di cinquecento fascisti, a chi dichiara una sistematica strage etnica di italiani, oltre diecimila. Il dibattito sulle foibe non è ancora concluso: spesso strumentalizzato (come altri eventi) da opposte parti politiche, capaci di fregarsene di un’autentica ricerca storica. Anche sulla vicenda di Norma Cossetto le versioni sono contrastanti: chi afferma che fu stuprata, chi il contrario; chi dice che fu mutilata, chi invece che non venne toccata; chi sostiene che venne catturata e infoibata dai comunisti slavi, chi invece dai partigiani italiani. È una vicenda complessa, una vera e propria foiba: si scende, inesorabilmente, giù nel buio dell’odio più profondo senza sapere come uscirne. I comunisti si sono macchiati dei loro delitti, tanto quanto fascisti e nazisti: le vittime ci sono state. Un’opera come Red Land, puntando fortemente sull’atrocità accaduta in Istria, riesce ad andare oltre la vicenda trattata: smaschera la miseria di cui siamo capaci di vestirci, di casacca in casacca, a seconda del vincitore di turno. Tristi banderuole pronte a cambiar orientamento a seconda del vento del momento, pronti a tradire parenti e amici. Un film senza pietà, per nessuno, come non ce n’è mai stata per i morti delle foibe e di ogni occupazione.

Silvio Gobbi

Centro Medico Blu Gallery