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Anna Calamante: ‘Ho visto nascere e chiudere Ostetricia’

Dopo 38 anni di lavoro, ora può godersi il meritato riposo: Anna Calamante, ostetrica del reparto di ostetricia e ginecologia dell’ospedale di San Severino, dal primo luglio 2016 è ufficialmente in pensione.
Anna, ricorda i primi tempi del suo lavoro?
“Sì, certo. Sono entrata in servizio il 14 agosto 1978, come infermiera con mansioni di ostetrica. Il reparto, che a quel tempo era un distaccamento della chirurgia, era attivo da meno di un anno. C’erano il dottor Mantovani, un giovanissimo dottor Linci, arrivato da pochi mesi, e quattro ostetriche, di cui due fresche di diploma. Alla fine degli anni Settanta esisteva ancora la figura dell’ostetrica condotta: io ricordo di averne viste diverse che accompagnavano le partorienti in ospedale”.
Qualche evento curioso di quei periodi?
“Ricordo che nell’agosto 1978, in pieno periodo di ferie, restammo in servizio io, la mia collega Loredana Ottavini e il dottor Linci. Una signora venne a partorire e, tornata a casa, raccontò che era andato tutto bene e che era stata assistita da “due ragazzine e un ragazzino”! È un episodio che mi fa sempre sorridere. Certo, non è l’unico. Mi è capitato di far partorire una donna davanti alla porta dell’ascensore perché non ha fatto in tempo ad arrivare in sala parto oppure di aver assistito a un parto gemellare senza che nessuno – compresi i genitori – sapesse che i bambini erano due: a quel tempo non avevamo ancora l’ecografo!”.
E poi?
“Poi il reparto è cresciuto sempre più, come tutti sappiamo. Fino agli 850 parti, circa, del 2010 e del 2011. Il personale è aumentato e siamo diventati una grande famiglia. Ovviamente nel corso del tempo ci siamo dovuti anche aggiornare: le teorie e i metodi cambiano. Oggi, molto più che ai primi tempi del mio lavoro, si considera il parto un evento naturale, nel senso che, per quanto possibile, si lascia alla natura il suo corso, i suoi tempi e i suoi equilibri”.
Non possiamo non accennare alla chiusura del reparto: lei ha visto e vissuto tutta la storia, dall’inizio alla fine, appunto. Cosa prova?
“Una grande tristezza. Dopo gli anni 2010 – 2011, quando abbiamo avuto il picco dei parti, ho visto il mio reparto – passatemi l’aggettivo “mio”- spegnersi a poco a poco. Dai piani alti arrivavano cambiamenti, comunicazioni, novità, che sapevamo avrebbero portato alla chiusura. Aggiungi i fiocchi alle porte sempre più radi, e puoi immaginare in quale clima lavoravamo negli ultimi tempi”.
Cosa le è piaciuto di più del suo lavoro?
“Il contatto umano, la relazione che si instaurava con le donne che si preparano a vivere un momento così delicato ed emozionante. Mi piaceva stare loro vicino, poterle confortare, sostenere, spronare. La gravidanza e il parto non sono malattie, ma a volte possono spaventare e preoccupare: ecco, in quei casi, poter offrire un sorriso e una parola amica alle donne era per me motivo di soddisfazione.
Posso dire di aver concluso felicemente la mia carriera e ringrazio di cuore le colleghe, i medici e tutto il personale con cui ho lavorato in questi 38 anni”.

Michela Ciciliani

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