“Lo sport fa bene se trovi un ambiente in cui gli educatori lavorano alla formazione della persona, piuttosto che alla ricerca del campione. Dal canto loro, i ragazzi devono esprimere la loro creatività nel rispetto delle regole. I cosidetti “paletti” non possono essere superati, altrimenti si arriverebbe all’anarchia”. La psicologa dello sport, Barbara Rossi, ha ribadito concetti fondamentali, nel corso del convegno promosso dalla Settempeda, nella Sala comunale Sisto V – alla presenza di molti genitori e piccoli atleti ed anche dell’assessore allo sport, Gianpiero Pelagalli – e moderato dal responsabile del settore giovanile Giovanni Ciarlantini, dove si è discusso di motivazione alla pratica agonistica ma anche di abbandono, quando le motivazioni vengono meno. “Spetta a noi adulti – ha rimarcato la Rossi – trovare i metodi per interessare i ragazzi che si dedicano allo sport che, comunque, tiene i giovani lontani dai pericoli”. Che nella nostra società sono evidenti, come ha avuto modo di sottolineare Gaetano Angeletti, da sette anni presidente della Rondinella, un centro di recupero da tossicodipendenze “che è un progetto di vita, nato per riportare la primavera, era quello che intendevamo quando abbiamo scelto il nome, nel nostro cuore affinché la rondinella possa tornare a volare. Lo sport è un campo in cui la percentuale di giovani che si perde nel mondo della droga è decisamente minore rispetto ad altri. Meglio correre dietro ad un pallone piuttosto che tornare a casa alle 7.00 del mattino a bordo di quelli che io chiamo “drogabus”, perché senza adeguati controlli, dopo una serata di eccessi in fatto di alcol e di sostanze proibite in discoteca”. Prima della minuziosa disamina del fenomeno del “drop-out”, cioè dell’abbandono, da parte della dott.ssa Janet Ricci, che ha raccomandato “la massima collaborazione dei genitori che possono intervenire sui figli per stimolarli, ovviamente, ma accettandone i limiti e senza trasferire in loro le proprie aspettative disilluse in gioventù”, il trainer Fabrizio Castori ha puntualizzato come “i campioni debbano restare all’interno delle regole di squadra, ma mai ingabbiarli”, mentre il difensore maceratese Paolo Siroti ha ricordato i suoi trascorsi fatti di eccezionali soddisfazioni (“essere nello stesso spogliatoio di Scirea, Brio e Cabrini a 16 anni è indimenticabile”) ma anche di disciplina. “Ricordo mister Fascetti che ho avuto a 19 anni ad Avellino. Ti intimoriva con il solo sguardo”. Ora ad intimorire sono piuttosto le… sostanze. Che possono però essere combattute. Anche attraverso lo sport. Da non abbandonare.
Luca Muscolini