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La recensione: “Amsterdam”, un film di David O. Russell

Dopo sette anni di assenza, David O. Russell torna al cinema con Amsterdam, un film ispirato al tentativo di colpo di Stato statunitense noto come “Business Plot”: negli anni Trenta, l’ex generale Smedley Darlington Butler venne contattato da alcuni ricchi industriali per rovesciare la presidenza di Franklin Delano Roosevelt e denunciò tale golpe alla commissione d’inchiesta del Congresso degli Stati Uniti.

Russell parte da questo evento storico e lo arricchisce con la vicenda di tre protagonisti di fantasia coinvolti nello smascheramento di questo complotto: il medico Burt Berendsen (Christian Bale), l’avvocato Harold Woodman (John David Washington) e l’infermiera e artista Valerie Voze (Margot Robbie). I tre si conoscono in Europa, durante la Prima guerra mondiale, e tra di loro nasce una sincera e solida amicizia: a distanza di anni, si ritrovano ad indagare sulla sospetta morte di un generale in pensione e, mentre proseguono nelle loro complesse e rocambolesche indagini, scoprono e aiutano a smascherare l’insidioso tentativo di golpe per rovesciare la democrazia statunitense.

Amsterdam fonde in sé più generi: commedia, thriller, giallo e storia, mescola eventi reali con personaggi ed episodi immaginati. Il taglio è quello tipico di Russell, leggero e dinamico senza essere superficiale, capace di alternare dialoghi fitti a scene concitate che tengono sulle spine fino alla fine (ad esempio, la sequenza in teatro della scoperta degli artefici del golpe). David O. Russell punta in alto anche con la scelta di un cast stellare: oltre ai protagonisti già citati, ci sono attori come Robert De Niro, Michael Shannon, Anya Taylor-Joy, Zoe Saldana e Rami Malek. Non era facile coordinare una così grande quantità di personaggi, ma la coralità di tutte queste figure, complessivamente, funziona bene.

Attraverso la sua caratteristica regia sobria, Russell ci racconta una storia densa con agilità. Il lungometraggio è una denuncia nei confronti di ogni totalitarismo e di ogni razzismo, una netta condanna alle prepotenze, ai, purtroppo, sempre possibili tentativi di sovversione della democrazia nel mondo. Oltre all’aspetto politico, l’altro fondamentale messaggio del regista è la forza dell’amicizia. L’amicizia come legame che riesce ad andare oltre le apparenze, capace di farti fidare di chi ti è veramente più vicino: l’amicizia è quella fiducia che si dimostra fondamentale nelle situazioni più difficili, anche quando tutto rema contro ogni buon senso ed ogni logica. Questa è l’amicizia che unisce Burt, Harold e Valerie, personaggi inventati ma verosimili, tre amici uniti da un legame autentico, inossidabile, a volte pazzo ed eccessivo, ma sempre sincero e forte, capace di tenerli insieme a distanza di anni e di aiutarli, addirittura, nella più rischiosa delle loro imprese.

Silvio Gobbi

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