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Le sculture al monastero delle Clarisse
Le sculture al monastero delle Clarisse

Il passaggio di Francesco d’Assisi a San Severino

Il 4 ottobre si ricorda il patrono d’Italia, San Francesco d’Assisi. Una ricorrenza che, attraverso il Settempedano, vogliamo mettere in evidenza ospitando una bellissima testimonianza di fede e di storia delle clarisse del monastero di Santa Chiara di San Severino. Ecco di seguito il loro testo. E’ forse un po’ lungo per i tempi di lettura di un sito internet, ma cinque minuti di riflessione, sottratti a una vita di grande frenesia come la nostra, possono essere un’occasione importante per riconciliarci.  

Il 4 ottobre è giornata cara a tutti gli italiani per la festa dell’amato patrono Francesco. Anche San Severino è in festa, non solo per le diverse presenze francescane in città, ma anche per il particolare legame che la città ha con il Santo d’Assisi, che più volte ha attraversato la nostra terra. La presenza delle Clarisse a San Severino risale al passaggio di Francesco che, di ritorno dal viaggio in Terra Santa, dopo essere sbarcato ad Ancona, percorre la regione marchigiana per raggiungere Assisi e si ferma al convento di Colpersito. Lì vivevano alcune donne consacrate che, dopo aver conosciuto Francesco, nel 1223 chiedono di essere …… dei frati di Francesco. Ogni anno tanti pellegrini, provenienti sia da varie zone d’Italia, sia dall’America o dall’Asia, vengono a ripercorrere le orme di Francesco per poter assaporare il suo spirito evangelico e per attingere al suo esempio di vita. La sosta di Francesco a San Severino è ricordata e rappresentata dalle statue che si trovano nei pressi del Monastero delle Clarisse e si affacciano sul convento di Colpersito ed è narrata da uno dei suoi biografi più importanti, Tommaso da Celano, che racconta così.

Attraversando la Marca d’Ancona, in compagnia di frate Paolo, frate Francesco incontrò nella campagna un pastore che pascolava il suo gregge di montoni e di capre. In mezzo al numeroso branco c’era una sola pecorella che, tutta quieta e umile, brucava l’erba. Francesco disse al frate che lo accompagnava: “Vedi quella pecorella sola e mite tra i caproni? Il Signore nostro Gesù Cristo, proprio così doveva sembrare, mite e umile, circondato dai farisei”. Francesco ne ebbe compassione e, grazie alla generosità di un mercante di passaggio, riscattò la pecorella. Dopo aver visitato il vescovo di Osimo e aver ricevuto la sua benedizione, riprese il cammino e affidò la pecorella alle claustrali di San Severino, che l’accolsero con grande gioia, come un dono di Dio; ne ebbero amorosa cura per lungo tempo e poi, con la sua lana, tesserono una tonaca che mandarono a Francesco, mentre stava alla Porziuncola. Il santo l’accolse con devozione e festosamente, stringendo la tonaca al cuore, la baciava, invitando tutti i fratelli ad allietarsi con lui.

Sembra una fiaba per bambini, una storiella – come se ne raccontano tante su San Francesco – eppure, se letto in profondità, questo semplice racconto ci aiuta a rintracciare la vera identità di Francesco d’Assisi e ci conduce alla scoperta di cosa significa essere, non solo cristiani, ma autentici uomini. In filigrana, possiamo cogliere tre caratteristiche fondamentali di Francesco: l’innamorato, l’uomo della compassione, l’uomo del dono. Francesco ci appare, innanzitutto, come un innamorato: è talmente afferrato dall’amore di Cristo, talmente preso dalla Parola di Dio, che come ogni innamorato ha sempre in mente la persona amata e sa vederla dappertutto. Francesco custodisce nella mente e nel cuore il Vangelo e vede Cristo in ogni fratello e in ogni creatura: nell’agnellino sa scorgere il Signore Gesù Cristo, Agnello di Dio che, con la sua passione, morte e resurrezione, toglie i peccati del mondo. E tale passione non rimane sterile, ma assume la fecondità della com-passione, di quella rara e preziosa capacità di uscire da se stessi per interessarsi e aprirsi all’altro, alle sue sofferenze, ai suoi problemi, alle sue gioie. Francesco è fratello di ogni uomo e di ogni creatura (… anche di una pecorella!) perché il suo cuore è imbevuto di misericordia, di comprensione, di empatia, sull’esempio di Gesù che è venuto a condividere la natura umana, fino al limite estremo e irreversibile del dolore e della morte. La compassione muove e ispira il dono di sé: Francesco è uomo del dono, capace di una gratuità che affascina e di una generosità che conquista, che stupisce e contagia… il mercante, il vescovo, le Sorelle entrano in un circolo di dono (i soldi del mercante, la benedizione del vescovo, l’agnellino affidato alle Sorelle) e di restituzione del dono (la tessitura della tonaca). Francesco racconta e testimonia una logica altra, nuova e controcorrente: la logica del dono e della condivisione. Una logica che, dopo otto secoli, continua ad essere straniera, dimenticata ed emarginata dai nostri circuiti sociali ed economici. Un sentire, un pensare e un agire di cui abbiamo nostalgia, desiderio e necessità. Non una semplice storiella, quindi, ma una lezione di fede e di umanità, quella di Francesco qui a San Severino. Cos’è la vita cristiana, se non è segnata da amore, compassione e dono? Cos’è la vita umana, se non è attraversata da una passione impetuosa, da una condivisione reale, da una generosità disinteressata? Comprendiamo bene, allora, perché la vita di Francesco abbia affascinato intere generazioni e perché il suo passaggio abbia segnato la storia di San Severino. E comprendiamo un po’ meglio perché un papa, che ha scelto di chiamarsi e comportarsi come Francesco d’Assisi, stia cambiando il volto della Chiesa. Buona festa di San Francesco… E che sia l’inizio di un cambiamento che tutti invochiamo e al quale ognuno può partecipare mediante un cuore appassionato, uno sguardo comprensivo e un dono generoso di sé.

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