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Un momento dell'incontro
Un momento dell'incontro

“Paolo Zagaglia non ha mai dimenticato le sue radici”: il ricordo del figlio Marco

Per ricordare Paolo Zagaglia, il regista e scrittore belga di origini settempedane deceduto nell’ottobre del 2024, il Comune di San Severino ha organizzato un incontro pubblico nella biblioteca “Francesco Antolisei”.

L’incontro, svoltosi venerdì 2 maggio, ha visto la partecipazione del figlio di Paolo, Marco (anch’egli regista), in dialogo con Paolo Gobbi, amico di vecchia data di Paolo Zagaglia: i due hanno parlato del cineasta, della sua vita e della peculiare e poliedrica produzione artistica prodotta nel corso degli anni.

In molti sono venuti ad ascoltare la storia di Zagaglia, ed è stata presente anche il vicesindaco e assessore alla cultura Vanna Bianconi, la quale ha aperto questo incontro: «Questo è un incontro a cui avevamo pensato insieme a Paolo Zagaglia quando lui era venuto in vacanza qui a San Severino, ed era venuto con il figlio, Marco, a chiedere questa possibilità, una possibilità che avevamo subito accettato molto volentieri. Avevamo già iniziato a prepararci, ma purtroppo Paolo è venuto a mancare poco dopo». Il vicesindaco ha concluso definendo Zagaglia «un personaggio “settempedano” importante che non ha mai dimenticato le sue radici. Non solo è ritornato qui negli anni, e ha mantenuto amicizie locali: ha amato San Severino e i suoi valori, e una certa sua produzione ha avuto come sfondo la città di San Severino. Rispettiamo questa cosa, ci fa onore, ed accogliamo molto volentieri la presentazione di questo libro».

Dopodiché, infatti, è stato presentato uno dei libri scritti da Zagaglia, Loro due, un dialogo teatrale: un libro scritto nel 2003 in francese e poi successivamente tradotto in italiano. Un libro breve, conciso e deciso. Per il figlio Marco, questo libro è «un esempio molto “corto”, ma degno della sensibilità di mio padre. Riesce a mostrare quanto fosse capace di osservare e sentire dei sentimenti tanto complessi, anche se lui non li vivesse di per sé». Il libro è interamente incentrato sull’incontro di una ex coppia: un uomo e una donna si incontrano dopo anni e cercano di capire se si sono veramente amati o mentiti, o se si amano ancora; un’opera fondata sulla incomunicabilità tra individui, sull’impossibilità di conoscere la verità dei fatti e dei sentimenti. Sono stati letti alcuni brani significativi del testo da Alberta Ricottini e Massimo Guglielmi dell’associazione il “Sognalibro”.

Ma l’incontro non è stato tutto incentrato sulla letteratura prodotta da Zagaglia, perché altrimenti sarebbe stato un evento parziale: non si poteva non parlare del cinema, fondamentale e realmente centrale nella vita dell’autore, dato che iniziò a lavorare come regista indipendente sin dagli anni Settanta. Nel corso del tempo, purtroppo, Zagaglia cominciò a soffrire sempre di più di problemi visivi, fino a perdere del tutto la vista negli ultimi anni della sua vita. Però, nonostante la cecità, continuò a lavorare con le immagini, aiutato dal figlio, e riuscì anche a realizzare dei corti premiati ai festival di cinema.

Paolo Gobbi conobbe Zagaglia negli anni Ottanta e sono sempre rimasti amici. Essendo un pittore, quindi un artista visivo come lo era Zagaglia con la regia, Gobbi ha voluto chiedere a Marco il rapporto del padre con la perdita della vista e la produzione artistica: «Cosa significa per un artista essenzialmente visivo perdere la vista? Questa difficoltà come ha inciso nella sua ultima produzione, lunga più di un decennio? Beethoven divenne sordo e proseguì nelle sue composizioni ed anche molti altri artisti, pittori, fotografi e scultori – ad esempio Evgen Bavčar – nonostante le loro difficoltà con la vista hanno realizzato, o realizzano, le loro opere. L’arte di Paolo come è stata influenzata dalla cecità?»

«Con la cecità, le opere di mio padre si sono trasformate – ha risposto il figlio Marco – seguendo l’andamento della malattia. Quando ho cominciato ad aiutarlo nel suo lavoro, dopo che avevo finito la scuola di cinema, già cominciava ad avere un altro modo di girare un film o di scrivere un libro: diventava sempre più incisivo. La perdita della vista gli ha permesso di essere molto più forte nella sua produzione e di andare subito al nocciolo delle sue opere».

 

Paolo Zagaglia ha sempre nutrito molti interessi letterari, cinematografici e artistici: dalla laurea in filologia romanza su Cesare Pavese, all’arte e al cinema sperimentale e “anti-narrativo”. Centrali nella sua opera erano l’esistenzialismo, la politica e l’incomunicabilità: gli interessi tipici di molti artisti giovani a cavallo tra gli anni Sessanta e Ottanta del secolo scorso.

Marco ha poi ulteriormente descritto la figura del padre: «I gusti di mio padre erano ampi: da Marguerite Duras alla Nouvelle Vague francese. Adorava il cinema italiano e Ingmar Bergman. Nella sua produzione artistica in generale e nel dialogo Loro due tutti i suoi interessi sono presenti: il suo dialogo è una sorta di “puntinismo”, un insieme di piccoli punti delle sue passioni che, messi insieme, creano un disegno e mostrano una certa realtà. Il messaggio che lui voleva mostrare con Loro due è che la verità, in una coppia, non esiste veramente: forse voleva anche dirci che “l’essere” ci sfugge, che anche noi sfuggiamo a noi stessi e mentiamo a noi stessi e che cerchiamo di capire chi siamo tramite le relazioni umane. Certi aspetti di questo testo sono presenti anche nel suo lungometraggio Sguardi, dove diversi personaggi, presenti in un bar, vivono la stessa situazione di incomunicabilità. Lui sapeva descrivere molto bene l’essere umano nella sua complessità, ma, anche se so che non conoscerò mai mio padre nella sua vera intimità, perché è soltanto sua, adesso che sono più grande mi colpisce sempre di più come sapeva essere universale nonostante la distanza tra lui e i suoi personaggi. Mi ha insegnato che la distanza ti permette di raccontare meglio un soggetto: quando sei troppo preso rischi di perderti e lui, anche quando metteva la sua intimità nelle sue opere, sapeva metterla con un certo “distacco”».

Dopo le parole sul cinema di Zagaglia, si è passati alla visione delle opere del regista. Sono stati proiettati due suoi corti, Viti al sole, vita al buio (2018) e Ils 77-20 (2020): due corti molto differenti tra di loro per le tematiche trattate, ma accomunati da una profonda malinconia di fondo ed entrambi premiati al San Giò Verona Video Festival; la dimostrazione concreta di come Zagaglia sia stato tenace, fino in ultimo, nel realizzare opere cinematografiche di qualità, nonostante la cecità. Alla fine dell’incontro, Marco Zagaglia ha detto che tornerà a San Severino per presentare nuovi lavori inediti del padre, dato che ha trovato molti scritti e appunti di Paolo realizzati poco prima della sua morte.

Silvio Gobbi