All’Università di Bologna si è laureato con 110 e lode Silvio Gobbi, giornalista pubblicista e collaboratore de Il Settempedano. Ha conseguito la laurea magistrale in Scienze storiche e orientalistiche discutendo una tesi in Profili di Storia globale; relatrice la professoressa Marica Tolomelli, correlatore il professor Mirco Dondi.
Molto interessanti il titolo e l’argomento del suo lavoro: “Il ruolo della televisione nel giornalismo di guerra, dalla guerra in Vietnam alla Seconda guerra del Golfo”.
“Si tratta di una ricerca nata dalla sua stretta attualità – ci spiega Silvio -, cioè dalle guerre e dall’importanza del loro racconto, in particolare quello televisivo, per informare e formare l’opinione pubblica. Inoltre, è stata l’occasione per studiare degli aspetti della professione giornalistica in chiave analitica e storica e non da una prospettiva da giornalista, attività che ormai svolgo da 7 anni”.
“Questa tesi – continua Silvio Gobbi – analizza il ruolo della televisione nel giornalismo di guerra, prendendo in considerazione il periodo che va dalla guerra in Vietnam alla Seconda guerra del Golfo (gli anni in cui la televisione si è imposta come il più importante mezzo di comunicazione). Attraverso l’analisi di diversi testi giornalistici, articoli scientifici, testimonianze di vari giornalisti (Oriana Fallaci, Peter Arnett, Christiane Amanpour e molti altri), reportage e servizi Tv, si percorre l’evoluzione dei rapporti tra war reporting e televisione, per analizzare gli effetti di quest’ultima sul lavoro dei giornalisti di guerra. L’analisi del lavoro dei reporter in alcuni casi di guerre (Vietnam, Jugoslavia, Golfo) evidenzia gli ostacoli vissuti dagli operatori nell’ottemperare ai loro doveri di cronaca. L’obiettivo è quello di ponderare i pregi e i difetti del racconto televisivo delle guerre, dimostrando l’importanza del war reporting televisivo e la capacità di competere con altre forme di “racconto di guerra” come i reportage scritti, fotografici e radiofonici”.
A Silvio vanno le congratulazioni della redazione e degli amici per il traguardo raggiunto, con i più sinceri auguri per un radioso futuro professionale.
Approfondimento
Canonicamente, il “giornalismo di guerra”, per come lo conosciamo noi, ha inizio nella metà del XIX secolo, con la copertura di William Russell (cronista del londinese «Times») della guerra di Crimea (1853-1856): con lui, per la prima volta, le notizie da un fronte di guerra non provenivano più solamente dai dispacci ufficiali, dalle informative politiche e/o militari delle parti in conflitto, ma da un soggetto esterno, un civile presente sul luogo per vedere e raccontare gli eventi bellici. Da quel momento in poi, nel corso degli anni, si sono aggiunti alle cronache scritte le fotografie, i racconti radiofonici e, dalla metà del secolo scorso, il giornalismo televisivo. Il punto di approdo della ricerca è intorno ai primi anni Duemila, il periodo in cui la televisione era il mezzo più utilizzato dai cittadini per informarsi, mentre Internet cominciava ad assumere un ruolo sempre più crescente e centrale nella vita di tutti i giorni e nel campo dell’informazione. Il lavoro di Silvio Gobbi si è basato sullo studio di monografie di approfondimento incentrate sulla professione giornalistica e sulla comunicazione (tra i vari autori presi in esame, Umberto Eco, Mimmo Cándito, Roberto Reale ed Antonio Scurati); inoltre, sono stati utilizzati diversi articoli scientifici provenienti da riviste accademiche (come «Political Science Quaterly», «World Policy Journal» ed «International Studies Review»), articoli incentrati sullo studio della comunicazione televisiva e sugli effetti di essa nel racconto di guerra e nella percezione del pubblico. Oltre a questi studi, è stato necessario analizzare le testimonianze di importanti personaggi della storia del giornalismo (come Peter Arnett, Marie Colvin, Christiane Amanpour, Tiziano Terzani, Oriana Fallaci, giusto per citarne alcuni): le loro esperienze si sono rivelate fondamentali per comprendere il war reporting in tutte le sue diverse e complesse implicazioni. L’aspetto più peculiare della tesi riguarda la visione e l’analisi di diversi reportage televisivi (reperiti grazie a piattaforme come RaiPlay e YouTube, fondamentali in questa ricerca per recuperare molto materiale video): tramite la visione di questi video è stato possibile studiare lo sviluppo del war reporting televisivo nel corso di quarant’anni, in modo tale da comprendere come la guerra è stata vista, e raccontata, nel corso del tempo.