“Invelle” significa, in dialetto marchigiano, in nessun posto, da nessuna parte. Simone Massi, animatore e illustratore originario di Pergola, decide di dare questo titolo al suo lungometraggio d’animazione: il film è stato presentato alla 80esima Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia (2023), vincendo il premio collaterale “Carlo Lizzani”, e vede la partecipazione (nel doppiaggio e nel ruolo di voci narranti) di attori come Filippo Timi, Luigi Lo Cascio, Toni Servillo, Ascanio Celestini e Neri Marcorè. Invelle è un’opera d’animazione dalle illustrazioni tanto evocative quanto concrete, ricche di inquietudine: i segni (principalmente in bianco e nero) raccontano la storia di tre generazioni vissute nella campagna marchigiana della zona di Pesaro e Urbino. I protagonisti vengono rappresentati in precisi momenti del secolo scorso, e sono: Zelinda (1918), Assunta (1943-45) ed Icaro (1978); tre figure unite dal legame familiare, tre soggetti che vivono tre importanti eventi storici e sociali per l’Italia (la fine della Prima guerra mondiale, la Resistenza al nazifascismo, il rapimento e l’uccisione di Aldo Moro).
Massi opta per un’opera dove i dialoghi sono ridotti al minimo: attraverso poche parole e molte immagini, l’autore racconta i mutamenti dell’Italia e le sofferenze dei protagonisti, mentre il mondo contadino muta, fino a scomparire progressivamente (una sparizione rappresentata dall’imminente trasferimento in città di Icaro). Invelle è un’opera malinconica e drammatica, dalla struttura essenziale e dalla costruzione frammentaria con forti slanci onirici (a tratti ermetici): un film d’animazione adatto a tutti, ma molto più assimilabile e comprensibile dagli adulti che dai bambini più piccoli. Il regista narra la storia d’Italia del Novecento attraverso il microcosmo, tramite le microstorie locali e le memorie di un mondo che non c’è più, il mondo contadino che ha vissuto (a volte contribuendo, molto più spesso subendo) i mutamenti del Paese: un film esistenziale che racconta la trasformazione della campagna (marchigiana e non) per non dimenticarla del tutto, per mantenerne vivo il ricordo e la memoria, per quanto possibile.
Silvio Gobbi