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Anselm
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“Anselm”, l’opera monumentale di Wim Wenders

L’opera di Anselm Kiefer è monumentale, ampia, capace di fondere pittura e scultura, tinte e materiali poveri, storia e mito, poesia e realtà. Dalla fine degli anni Sessanta ad oggi, l’artista tedesco ha usato l’arte per indagare la storia della Germania nazista: ha scosso il pubblico attraverso le opere dove denunciava la viva presenza del nazismo tra di noi, riappropriandosi dei miti tedeschi che Hitler aveva indebitamente fagocitato. Ma Kiefer non si ferma alla storia e passa alla poesia, cercando di ricongiungere, tramite l’arte, l’uomo al cielo, a qualcosa di più grande di lui: l’uomo è il nulla in questo mondo, ma, se riesce ad apprendere a non aver più paura della morte, può trascendere da questa sua condizione per raggiungere l’inafferrabile. Oltre all’evidente debito con il pensiero di Martin Heidegger, l’arte di Kiefer è debitrice anche delle poesie di Paul Celan e di molte altre esperienze artistiche.

Il documentario realizzato da Wim Wenders, Anselm, indaga la storia e la complessità di Kiefer in maniera essenziale, con pochi dialoghi e tante immagini e sequenze che mettono in risalto il caos creativo e razionale dell’artista: l’arte è il perimetro in cui l’artista circoscrive e concentra la sua creatività, le sue provocazioni e la sua rivoluzione. I lavori di Kiefer catturano integralmente lo spettatore rendendolo un loro componente, si esce dalla loro fruizione scossi e magari mutati: l’opera d’arte deve avere un effetto rivoluzionario e catartico, come Joseph Beuys (uno dei suoi maestri) ha insegnato. Wenders ripercorre la storia di Kiefer mescolando continuamente il passato ed il presente dell’artista, alternando la finzione alla documentazione: il regista realizza un documentario d’autore, un docufilm d’essai, a tratti ermetico, per raccontare Anselm. Wenders collega la sua poetica cinematografica alla poetica del pittore: nei film di Wenders, come nei dipinti di Kiefer, sono presenti ampi paesaggi dove i personaggi vivono le loro crisi esistenziali fino a “perdersi” tanto in senso fisico quanto a livello psicologico (pensiamo a Paris, Texas); inoltre, nel cinema di Wenders, come nell’opera di Kiefer, sono presenti gli angeli (Il cielo sopra Berlino), figure vicine e simili a noi, ma che non possono comunicare con gli esseri umani a meno che non rinuncino alla loro condizione trascendentale cadendo sulla terra. Trascendenza ed immanenza connettono Wenders e Kiefer più del previsto: la pittura collega il cielo alla terra, come dichiara Kiefer in una sua opera e, grazie ad Anselm, ricordiamo quanto l’arte di qualità, in ogni sua espressione, possa collegare l’uomo all’infinito.

Silvio Gobbi

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