Le aspirazioni dell’uomo verso l’equilibrio e l’armonia delle forme nella pittura, nella scultura e in architettura si perdono nella notte dei tempi. Molti di questi tentativi sembrano condurre a un numero assai particolare, detto numero d’oro o anche rapporto aureo o sezione aurea, oggi indicato con la lettera greca Φ (phi), dall’iniziale dello scultore greco Fidia che lo avrebbe adoperato per le proporzioni delle sue opere. Ma come è definito tale numero? Se si divide un segmento in due parti a e b, con la prima maggiore della seconda, in maniera tale che il rapporto tra l’intero segmento a+b e la parte maggiore a sia uguale al rapporto tra la maggiore a e la minore b, ebbene Φ coincide proprio con questo rapporto a:b.
Sotto il profilo concettuale dovremmo pensare a quella suddivisione di un qualunque segmento la cui parte maggiore si comporta con la minore allo stesso modo con cui l’intero segmento si comporta con la maggiore, una sorta di invarianza di questo magico rapporto.
Nel linguaggio “matematichese” scriveremmo così la proporzione aurea: (a + b): a = a:b
e il numero d’oro con Φ = a/b.
In altri termini (a+b)/2 = a/b cioè 1 + b/a = a/b che equivale all’equazione 1 + 1/Φ = Φ e dunque all’equazione di secondo grado Φ² – Φ – 1 = 0. La soluzione positiva di tale equazione è proprio ciò che chiamiamo numero d’oro:
Complicato eppur piaciuto
Siamo onesti: come numero non è certo bello da vedersi per la presenza di una brutta radice di 5. E in effetti il rapporto aureo è un numero irrazionale, ha cioè infinite cifre decimali e non è periodico (non c’è ciclicità nelle cifre decimali), dunque poco maneggevole a causa dell’impossibilità di trovare una legge che ne regoli lo sviluppo decimale, per cui siamo costretti a rappresentarlo solo in modo approssimato mediante un numero finito di cifre decimali. Ciò nonostante tale numero sembra ritrovarsi nei più disparati ambiti: architettonici, scultorei, pittorici, biologici, cosmologici e via dicendo.
In effetti il rapporto aureo sembra rinvenirsi già nelle opere degli antichi egizi. Ad esempio nella grande Piramide di Cheope (terzo millennio prima di Cristo) il rapporto tra la sua base – di 230 metri – e l’altezza – di 145 metri – si discosta di meno del 2% da Φ (fig. 2).
Fig. 2. Sullo sfondo la piramide di Cheope
Gli antichi Greci, poi, paiono utilizzare questo numero regolarmente nelle loro opere scultoree e architettoniche. Nel famoso tempio del Partenone (V secolo a.C.) ad Atene, ad esempio, o, per rimanere in casa nostra, in quello di Poseidone a Paestum o della Concordia ad Agrigento, si possono rintracciare un gran numero di rettangoli il cui rapporto tra base e altezza corrisponde a quello aureo (Fig. 3 e 4), detti per questo rettangoli aurei a b.
Fig. 3. Costruzione di un rettangolo aureo
Fig. 4. Rettangoli aurei inquadrabili sulla facciata del Partenone
Dai rettangoli aurei ad armoniose spirali
Se suddividiamo un rettangolo aureo tagliandolo verticalmente secondo il segmento maggiore produrremo un quadrato, ricreando anche un altro rettangolo aureo più piccolo; ripetendo il procedimento si otterrà così una successione di quadrati sui vertici dei quali possiamo centrare e tracciare dei quarti di circonferenze di raggio decrescente che si raccordano tra loro formando una curva “a spirale” (Fig. 5).
Fig. 5. Rettangoli aurei e formazione della spirale
Curve simili si rinvengono spesso in natura, ad esempio nell’accrescimento di molti organismi viventi come il Nautilus, un mollusco che è un vero “fossile vivente” (Fig. 6), oppure nella disposizione dei petali e dei semi di alcuni fiori come il girasole.
Per tornare agli antichi Greci, Pitagora e i suoi discepoli (VI secolo a. C.) si dedicarono ampiamente allo studio teorico del numero d’oro, giungendo ad assumere come uno dei loro simboli principali il pentagono stellato (un pentagono regolare con le diagonali tracciate), una figura contenente un gran numero di segmenti in rapporto aureo (Fig. 7): ad esempio la diagonale e il lato sono in rapporto aureo, come pure ogni punto di intersezione tra le diagonali divide ciascuna di esse in due segmenti che stanno nel rapporto aureo.
Fig. 7. Il Pentagono stellato
Tuttavia è dal Rinascimento che il rapporto aureo torna in voga e anzi vive un vero e proprio boom, anche grazie alla diffusione dell’opera “De Divina Proportione“, scritta nel 1509 dal matematico aretino Luca Pacioli (1445 circa – 1517) e illustrata da sessanta disegni di un vignettista d’eccezione, niente po’ po’ di meno che Leonardo da Vinci (1452-1519), suo amico e stimatore. Nel testo venivano enfatizzate e quasi mitizzate le proprietà del rapporto aureo, quale suprema chiave di lettura della natura e della bellezza.
Corpi perfetti
Leonardo pare ne fosse talmente affascinato da fare ampio uso di rapporti e rettangoli aurei nei suoi celeberrimi dipinti, come “La Gioconda”, “L’Ultima Cena” e ”L’Uomo Vitruviano”. Ad esempio in quest’ultimo l’altezza dell’uomo e del suo ombelico sono esattamente in rapporto aureo, rifacendosi così ai canoni ellenici di bellezza (Fig. 7).
Fig. 7. L’uomo Vitruviano
E molti altri rettangoli aurei possono essere rinvenuti nella struttura e nel viso della Monna Lisa, alcuni dei quali visibili nelle figure seguenti (Fig. 8).
In accordo con la predilezione leonardesca vanno i risultati di un esperimento condotto nel 1854 dal filosofo tedesco Adolf Zeising (1810-1876) il quale, misurando circa 2000 corpi umani adulti, concluse che quelli più armoniosi rispecchiavano proprio la caratteristica “vitruviana”.
Anche nella musica si può rintracciare questo magico numero: l’andamento e il culmine musicale di molte opere di Beethoven, Mozart e Chopin sono collocati secondo rapporti aurei rispetto all’intero brano. Stessa cosa accade nelle strutture metriche di varie composizioni poetiche.
Ma è proprio così?
Invero alcuni recenti risultati sperimentali mal si accordano con la presunta superiorità del numero d’oro – rispetto ad altri numeri – nel rendere le forme attraenti, armoniose e piacevoli al nostro sguardo. Φ perderebbe così almeno l’esclusiva della bellezza nelle proporzioni.
Peggio ancora, non mancano gli scettici di fronte all’eccessiva importanza attribuita in ambito estetico al numero d’oro: costoro affermano che ognuno trova “le misure che vuol trovare”, prendendo gli opportuni punti di riferimento. Altri dicono che il presunto rapporto aureo rinvenibile in molti monumenti, statue, quadri o forme in natura potrebbe essere in realtà un più banale numero razionale vicino ad esso, come ad esempio il più anonimo 162/100, la cui differenza col famigerato 1,61803398… sarebbe difficile da rilevare in un quadro o in un monumento. Dunque secondo l’opinione degli scettici niente di speciale aleggerebbe sul numero d’oro Φ.
Ma se a distanza di millenni il numero aureo suscita ancora interesse e discussioni, significa che il suo fascino misterioso e seducente resiste alla prova del tempo ed è rimasto intatto fino a nostri giorni. C’è quindi da aspettarsi che anche per l’avvenire farà parlare ancora molto di sé.
Stefano Leonesi