Il piccolo tempio neoclassico racconta una lunga storia
Demolita la vecchia chiesa di San Michele in seguito alle gravi lesioni riportate nel terremoto del 1799, Severino Servanzi Collio, per onorare una disposizione testamentaria del Cavaliere Giovan Battista Collio morto in quello stesso anno e avendolo lasciato erede del suo patrimonio, si accinse a costruirne una nuova, affidando nel 1830 il progetto a Ireneo Aleandri.
- Ireneo Aleandri (San Severino 1795 – Macerata 1885), Foto Balelli
L’antichissima chiesa di San Michele era stata in origine un presidio templare legato alla precettoria di San Filippo de Plano (oggi Montetorto, frazione di Casenuove) di Osimo e, successivamente alla soppressione dell’ordine dei monaci guerrieri, era passata sotto l’amministrazione dei Cavalieri di San Giovanni di Gerusalemme, Rodi e Malta.
Il 28 ottobre di quell’anno viene posta la prima pietra; dopo quattro anni, il 29 settembre del 1834, alla presenza del vescovo Ranghiasci, la chiesa veniva solennemente inaugurata. Il conte Servanzi Collio, per commemorare l’evento, diede alle stampe nel 1836 un opuscolo in cui fu inserito anche il prospetto principale della chiesa.
La chiesa è il prototipo di quella declinazione purista tipica della via italiana del sentire neoclassico in architettura; la fonte d’ispirazione non è dunque la classicità greco-romana, bensì l’interpretazione che di questa si era data nel Rinascimento. E’ un edificio a pianta a croce greca, perfettamente leggibile anche dall’esterno: un corpo centrale di pianta quadrata con gli angoli smussati sul quale si innestano quattro bracci uguali. Su uno di questi si apre la porta, ancora oggi sormontata dallo stemma dei conti Servanzi Collio. La croce ottagona che gli fa da sfondo non è quella gerosomilitana, ma quella dell’ordine stefaniano, del quale il conte Giovan Battista Collio era Cavaliere di Giustizia dal 1801.
- Busto di Giambattista sul cenotafio commemorativo nella chiesa di san Domenico
Un anno fa circa, il Comune di San Severino ha avuto l’occasione di acquisire la chiesa per dodicimila euro. L’Amministrazione però non si è avvalsa del diritto di prelazione offerto dal Ministero della Cultura in base a quanto disposto dal Codice dei Beni Culturali, perdendo la possibilità di divenire proprietaria di uno dei più significativi monumenti cittadini dell’epoca neoclassica. Peccato.
Luca Maria Cristini