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Home | Cultura | Recensione: “Tre piani”, l’ultimo film di Nanni Moretti
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Tre piani
Tre piani

Recensione: “Tre piani”, l’ultimo film di Nanni Moretti

Pubblicato da Mauro Grespini in Cultura 848 Visite

In un condominio romano, tre famiglie sono protagoniste di forti drammi. I severi giudici Dora e Vittorio hanno un figlio, Andrea, il quale, da ubriaco, investe ed uccide una signora; Monica è una giovane donna che cresce praticamente da sola la neonata Beatrice, e la solitudine che vive provoca in lei una forte nevrosi; infine, ci sono Lucio e Sara, i genitori della piccola Francesca. La bambina rimane spesso con gli anziani vicini, Giovanna e Renato, ma il signore comincia a soffrire di demenza e una sera, mentre tiene la bambina, i due si perdono nel parco: Lucio è convinto che l’uomo abbia abusato della figlia.

Questi sono i tre nuclei fondamentali dell’ultimo film di Nanni Moretti Tre piani, presentato in concorso a Cannes e tratto dal romanzo omonimo di Eshkol Nevo. Tre storie parallele che si sviluppano negli anni, intente ad affrontare problematiche universali come l’essere genitori, l’ossessione, la solitudine, la fiducia ed il perdono. Roma è sullo sfondo, non invadente, perché le tematiche e gli eventi sono così generali da poter prendere corpo in molte altre città, in tanti altri luoghi del pianeta. Nanni Moretti, per la prima volta, dirige una storia che non parte da un suo soggetto originale: prende il romanzo di Nevo e lo rielabora (affiancato alla sceneggiatura da Federica Pontremoli e Valia Santella), realizzando un’opera ben narrata, una delle sue migliori sotto questo punto di vista. Uno sviluppo denso, corposo, che mantiene l’energia dall’inizio alla fine, con attrici ed attori ben calate e calati nei loro ruoli: i personaggi crescono, invecchiano, ma i rancori e gli errori del passato continuano sempre a pesare sulle loro spalle. Non sono storie così originali, le vicende sono già state trattate in una marea di opere di altri autori, ma lo sguardo del regista le racconta con un tono che passa dalla severità iniziale all’indulgenza, con quell’atmosfera felliniana finale che apre leggermente al futuro, alla vita. Si avverte questa timida speranzosa apertura verso la chiusura, in questa vicenda che racconta vita e psicanalisi, dove i “tre piani” di Freud fanno capolino: Super Io, Io ed Es. Tutti i protagonisti si trovano in conflitto con questi tre aspetti (come ogni essere umano), anche se, in alcuni di loro, soltanto uno dei tratti è preponderante rispetto agli altri: nel giudice Vittorio vince palesemente il Super Io; Monica è colei che lotta per far trionfare l’Io, conciliando la realtà con le sue turbe; Lucio è aggressivamente istintuale, un forte Es. Soltanto le figure che capiscono che bisogna mediare la realtà, rivedere le proprie posizioni, come Dora, sono quelle che riescono a riconciliarsi con la vita. Con Tre piani, Nanni Moretti interpreta il giudice in ogni senso (è suo il ruolo di Vittorio), giudica i suoi protagonisti, le loro vite, gli errori, ma poi decide di essere clemente con loro (non con sé stesso) e di concedere ad essi una speranza, un possibile futuro da realizzare.

Silvio Gobbi

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recensione cinematografica 2021-09-25
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