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Pessime storie
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Recensione: “Pessime storie”, un film di Javier Fesser

Quattro amari episodi! Nel primo, un anziano imprenditore non riconosce la bontà e l’impegno del figlio, arrivando addirittura ad umiliarlo durante l’anniversario pubblico dell’azienda di famiglia; nel secondo, un uomo pignolo ed odioso vuole andare in spiaggia, ma una serie di incontri assurdi lo allontanano dalla meta, trascinandolo in un viaggio senza fine; nel terzo, una donna senza un soldo raggira costantemente un immigrato per scroccargli tutto il denaro possibile; nel quarto, un uomo organizza una truffa per nascondere alle proprie sorelle il fatto che sia stato lui stesso ad aver portato alla rovina la ditta di famiglia. I personaggi di queste quattro grottesche vicende entrano, brevemente, in contatto tra di loro.

Questi sono i nuclei del nuovo film di Javier Fesser, Pessime storie (Historias Lamentables), disponibile su Prime Video. Un’opera veloce e ritmata, capace di intrattenere e tenere costantemente alta l’attenzione dello spettatore. Personaggi «brutti, sporchi e cattivi», miserabili, con qualche barlume di bontà (in rari e fugaci momenti). Con questo lungometraggio, Fesser ci fa tornare in mente due film cult italiani: I mostri (Dino Risi, 1963) e I nuovi mostri (1977, Dino Risi, Mario Monicelli ed Ettore Scola). Chi non ricorda le iconiche vicende, dissacranti e feroci, di quei lavori degli anni Sessanta e Settanta? Personaggi davvero mostruosi, capaci di ogni bassezza senza alcun ritegno: un sarcasmo tale da lasciare nello spettatore un indefinito sentimento, misto tra risate amare, frustrazione ed ineluttabile accettazione della meschinità dell’uomo. In Pessime storie si punta a questa acredine, a rievocare una simile atmosfera, ma il “lato buono” del regista emerge maggiormente rispetto ai lavori italiani citati. La ferocia si stempera, e sotto queste perfide vicende, captiamo un messaggio sul senso della vita: prendere l’esistenza come viene, abbandonare le frenesie quotidiane. Nel momento in cui i protagonisti si abbandonano al fato, al destino, la loro fortuna prende una migliore piega: anche questi “mostri” possono trovare una, seppur precaria, stabilità interiore.

Gli episodi di Fesser sono più lunghi di quelli presenti nei film diretti da Risi, Monicelli e Scola, ma come nei precedenti italiani, Pessime storie termina senza una fine ben precisa: c’è una conclusione, con qualche minimo sprazzo di speranza, ma è instabile, come il mondo in cui viviamo. Un finale che continua a vagare, come il moribondo soccorso da Sordi davanti al «Monumento a Mussolini» a Roma, senza trovare pace, come il Bermejo di Fesser: perennemente in movimento, in un mondo dove è quasi impossibile trovare qualcosa di buono e di sensato, se non per brevi attimi.

Silvio Gobbi

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