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Shura con l'opera realizzata per la mostra
Shura con l'opera realizzata per la mostra

L’opera di Shura Oyarce Yuzzelli alla Fondazione Cesare Pavese

«Tutto questo fa schifo. Non parole. Un gesto. Non scriverò più». Con queste frasi, datate 18 agosto 1950, Cesare Pavese conclude il suo famoso “testo-diario” Il mestiere di vivere. Non molti giorni dopo, il 27 agosto per l’esattezza, lo scrittore si suicidò: sono passati già settant’anni dalla sua morte. Stava per compiere quarantadue anni e si era affermato nel panorama culturale per il suo lavoro editoriale alla Einaudi e per i sui noti scritti (giusto per citarne alcuni, Dialoghi con Leucò, Il compagno, La casa in collina e La luna e i falò). La scrittura è sempre stata la sua difesa fondamentale nei confronti delle vicissitudini della vita (dal confino sotto il regime fascista alle sue fallimentari storie d’amore). Finché è riuscito a scrivere, la sua vita è andata avanti: terminata quella spinta, la sua forza è sparita e lo smarrimento ha preso il sopravvento sulla sua tormentata intelligenza. In occasione di questo anniversario, la Fondazione Cesare Pavese, in collaborazione con il Museo A Cielo Aperto di Camo (Cuneo), ha indetto un concorso per la realizzazione di una mostra d’arte incentrata sulla figura dello scrittore. Tema della competizione: “Vivere è cominciare”, frase tratta sempre dal Mestiere (il pensiero completo recita: «L’unica gioia al mondo è cominciare. È bello vivere perché vivere è cominciare, sempre ad ogni istante»).
Alla call internazionale dell’evento hanno aderito numerosi artisti da tutto il mondo, ma ne sono stati scelti soltanto venti per esporre i propri lavori. Tra questi, c’è Shura Oyarce Yuzzelli, artista residente a San Severino da vari anni ormai. È entusiasta della selezione e commenta: «Aver partecipato a questa call mi ha permesso di riprendere in mano uno scrittore che mi ha sempre commossa: conoscevo i suoi libri, la sua vita, e questa occasione mi ha dato modo di lavorare su di lui dal punto di vista artistico e creativo. Ho preso una sua foto e l’ho modificata utilizzando il collage sul legno, poi ho digitalizzato il lavoro e l’ho rielaborato al computer, aggiungendo la frase del poeta e delle tonalità in giallo. Per me, il giallo, è un colore importantissimo: è un richiamo alla speranza, alla vita, un colore che invita ad uscire dalle situazioni difficili, come il periodo di pandemia che stiamo vivendo. Ho realizzato questo lavoro tra maggio e giugno: è stata un’occasione per evadere mentalmente dalla pesantezza della situazione, ed è stata anche un’opportunità per approcciarmi all’arte digitale. Il titolo dell’opera è Adesso, scelto proprio per riprendere e completare la frase di Pavese “Vivere è cominciare”. Per vivere bisogna cominciare “adesso”, in questo momento, cercare, con tanta forza, di provare a stare meglio per uscire dai propri conflitti e dai problemi».
Il lavoro è un poster d’artista e sarà visibile dal 27 settembre alla sede della Fondazione a Santo Stefano Belbo (dove è nato lo scrittore). I contributi di Shura, e degli altri partecipanti, sono volti ad omaggiare il poeta, con le sue luci e le sue ombre. Ridare vita a Cesare Pavese, tirando fuori l’immagine che gli artisti hanno di lui, portando a galla una «nuova realtà» tramite le loro rappresentazioni. La stessa «nuova realtà» da lui citata nel 1935, quella che l’autore ha sempre cercato di far emergere dai suoi scritti.

Silvio Gobbi

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