Giovedì 4 luglio, alle 21.30, in Piazza del Popolo, secondo appuntamento della rassegna “Una piazza da cinema” con il film Non ci resta che il crimine, di Massimiliano Bruno, con Alessandro Gassmann, Marco Giallini, Gianmarco Tognazzi, Edoardo Leo e Ilenia Pastorelli.
Di seguito, la recensione dell’opera.
Sebastiano (Alessandro Gassmann), Moreno (Marco Giallini) e Giuseppe (Gianmarco Tognazzi) sono tre amici di vecchia data disperati: il primo è intrappolato in un matrimonio dove non c’è più amore, ma solo routine; il secondo è disoccupato e deve pagare gli alimenti all’ex moglie; il terzo è un commercialista, lavora per il tirannico suocero ed è trattato come uno zerbino. Per racimolare un po’ di soldi e notorietà, i tre si inventano un “Tour della Magliana”: un viaggio turistico nei luoghi della banda criminale romana più famosa degli anni Ottanta. Un giorno, durante questo tour, i tre attraversano, in un bar, un portale di Einstein-Rosen (un wormhole spazio-temporale) e si ritrovano catapultati nel passato, precisamente nel 1982. Decidono di rimanere e di fare qualche soldo vincendo scommesse, puntando sulle partite dei mondiali: venendo dal “futuro”, sanno già i risultati degli incontri, specialmente Giuseppe con la sua memoria incredibile. Questa loro nuova vita ed attività li fa notare da Renatino (Edoardo Leo), uno dei più noti criminali della banda della Magliana: il boss li prenderà in ostaggio per far fruttare al massimo questo dono di Giuseppe, tra battute e criminalità.
Non ci resta che il crimine è l’ultima commedia di Massimiliano Bruno, regista, attore e sceneggiatore (è stato uno degli sceneggiatori del film Notte prima degli esami e, per la televisione, ha recitato la parte dell’ispettore Borromini nel cult poliziottesco L’ispettore Coliandro, con Giampaolo Morelli, diretto dai Manetti Bros). Un film veloce, sintetico, che funziona a fasi alterne: dalle battute più o meno riuscite, al grottesco e divertente momento della rapina. Il trio Gassmann-Giallini-Tognazzi reagisce bene: tre personaggi in tutto e per tutto differenti nell’aspetto e nel carattere, capaci di dare alla commedia, con le loro buone interpretazioni, quel guizzo in più per salvarla e renderla più gradevole. Una pellicola che ricorda immediatamente, dal titolo e dall’idea di viaggio nel tempo, il lavoro di Troisi e Benigni Non ci resta che piangere (1984): personaggi che vivono una vita mediocre nel presente e si ritrovano, improvvisamente, nel passato senza un motivo preciso. Comunque, al di là dell’assonanza, i due lavori non sono, nella sostanza, paragonabili: sono diversissimi nei contenuti, nel tempo e nello spazio. Non ci resta che il crimine è una leggera storia sulla disperazione, sulla necessità e voglia di svoltare quando non si ha più nulla da perdere: non essere succubi delle abitudini deleterie, non rimanere bloccati in una relazione quando non c’è più amore né rimanere intrappolati in un lavoro se esso non è più appagante né interessante. Questo Bruno vuole insegnarci, con i suoi tre buoni, sgangherati ed improvvisati moschettieri della Magliana di Renatino.
Silvio Gobbi