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Loving Vincent
Loving Vincent

Ultimo film all’Italia: omaggio a Van Gogh e dedica a Gianna Piantoni

I Teatri di Sanseverino chiudono la rassegna cinematografica, promossa in collaborazione con la direzione del cinema San Paolo, oggi – venerdì 18 gennaio – con la pellicola “Loving Vincent”. La serata è dedicata a Gianna Piantoni, storica dell’arte di origini settempedane, direttrice della Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma e curatrice della mostra su Van Gogh a Roma nel 1988, quando gli italiani scoprirono la pittura di Van Gogh e, per la prima volta, si misero in fila per visitare una mostra d’arte.

Il film in proiezione viene recensito da Silvio Gobbi per Il Settempedano. Ecco la sua nota.

Il giovane Armand Roulin (Douglas Booth) deve recapitare, per conto del padre Joseph (Chris O’Dowd), una lettera indirizzata a Theo van Gogh (Cezary Lukaszewicz). Con l’occasione, Joseph vuole che il figlio porga le condoglianze, a nome di tutta la famiglia, a Theo per la morte del fratello, il pittore Vincent (Robert Gulaczkyk). Durante il viaggio attraverso la Francia, il giovane incontrerà le persone che Vincent conobbe, e si affezionerà sempre di più alla figura dello sfortunato artista olandese. Agli occhi di Armand, Vincent si delineerà come un uomo dalla solitudine indefinibile. Un pittore corroso dalla passione per il suo lavoro, amareggiato per il mancato riconoscimento, capace di essere buono e rabbioso al tempo stesso, soddisfatto della sua pittura ma infelice a causa del muro di incomprensione contro il quale ha sbattuto. Con una sceneggiatura basata su fatti reali e libera interpretazione degli autori, Loving Vincent (di Dorota Kobiela e Hugh Welchman) è un ritratto tra realtà e fantasia della vita di Vincent van Gogh. Una vera e propria “pittura”, perché il lungometraggio in questione è stato interamente disegnato da più di cento artisti: tutte le sequenze, scene, inquadrature sono letteralmente dipinte su tela ed animate. Ogni immagine è una rielaborazione pittorica e grafica dei lavori più famosi di van Gogh, tramite la tecnica del “rotoscope” (metodo di animazione utilizzato per rendere le figure di un cartone animato massimamente fluide e realistiche). Le immagini di Loving Vincent sono virtuose, tecnicamente eccellenti: i dipinti di van Gogh prendono vita, la fluidità presente in ogni sua tela si anima. Quei flutti di corposo colore, quelle onde che siamo abituati a vedere, cominciano a muoversi come per magia. Un lavoro superbo da vedere, un’animazione originale e perfetta, ed è in ciò che risiede tutta la sua forza. La storia narrata, altalenante tra realtà e fantasia, non approfondisce di molto la figura del pittore. L’aspetto che emerge maggiormente del carattere di Vincent è la sua indefinibile complessità: un uomo diverso a seconda delle testimonianze, calmo e nervoso, maturo e infantile, lunatico e stabile al tempo stesso. Una figura bistrattata, ecco ciò che viene fuori chiaramente (niente che non sia già stato scritto e studiato da tempo dagli storici dell’arte e dai critici). Pur non aggiungendo nulla di nuovo alla figura di van Gogh, il film rimane lo stesso un esperimento graficamente unico ed affascinante. Visivamente audace, ai limiti dell’estremo compiacimento retinico, la pellicola di Kobiela e Welchman verrà ricordata per la sua tecnica quasi parossisticamente perfetta. Proprio per questo Loving Vincent, più che un film di animazione, è un puro omaggio autoriale, di classe, ai dipinti realizzati da uno dei più famosi e tormentati artisti della storia dell’umanità.

Silvio Gobbi

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