Silvio Gobbi propone la recensione del secondo film della rassegna “Una piazza da cinema”: “Coco”, di Lee Unkrich e Adrian Molina.
Il prossimo appuntamento in cartellone è fissato per domenica 15 luglio con la commedia drammatica di Stephen Chbosky, “Wonder”, che vede protagonisti Julia Roberts, Jacob Tremblay e Owen Wilson.
“Coco”: una storia per grandi e piccini
Miguel Rivera, un giovane che vive nella cittadina messicana di Santa Cecilia, ama cantare, ma la famiglia non vuole che segua questa “scellerata” passione: la musica è vietata in quella casa, da generazioni, da quando il padre della più anziana del nucleo (mamá Coco) abbandonò i familiari per seguire la propria carriera. Ma Miguel è tenace, non vuole passare la vita a costruire scarpe nella bottega di famiglia. Egli vuole cantare e suonare, per emulare il suo mito: il cantante Ernesto de la Cruz (un personaggio che ricorda lontanamente, nell’aspetto, Jean Dujardin in The Artist), icona nazionale messicana, noto nel paese per la sua miriade di canzoni popolari, film musicali e anche per come è morto (schiacciato da una enorme campana). Per seguire la propria passione, il ragazzino fugge di casa durante la notte della Día de Muertos (la festa dei morti: giorno in cui, ogni famiglia, espone le foto dei propri cari defunti in segno di memoria), per poter partecipare alla gara musicale indetta per tale festività. Ma per suonare, Miguel ha bisogno di uno strumento. Così si reca nella tomba di Ernesto de la Cruz, cercando di rubare la chitarra lì custodita. Nel compiere ciò, accade l’impensabile: come per magia, Miguel si ritrova catapultato nel mondo dei morti, dove incontra tutti i suoi avi i quali (come i parenti viventi) fanno di tutto per dissuaderlo dal desiderio di diventare un cantante. Allora lui fugge, alla ricerca di Ernesto de la Cruz, l’unica anima capace di comprenderlo (del quale crede di essere il pro-pronipote). Nella ricerca, è accompagnato da Héctor, uno spettro solitario che rischia di sparire perché, nel mondo dei vivi, anche sua figlia (l’unica persona ancora in vita che conservi memoria di lui) sta per dimenticarlo: le anime dei morti vivono solamente se i vivi ne conservano il ricordo. Héctor aiuta Miguel a trovare Ernesto, affinché il famoso cantante possa far tornare il giovane nel mondo mortale (solo la benedizione di un parente defunto può far tornare un familiare vivente tra i vivi), in modo tale che il ragazzo torni sulla terra, conservi la foto di Héctor e lo ricordi cosicché la sua anima non sparisca. Ma lo sviluppo della storia non è così scontato, e molte sorprese costellano il cammino della vicenda.
Coco, prodotto e creato dagli studi Pixar, distribuito dalla Walt Disney, diretto dai registi Lee Unkrich e Adrian Molina, è un film d’animazione per tutta la famiglia, adatto sia ai più grandi che ai più piccoli. Intrattiene, fa sorridere e ridere, ha un buon ritmo ed una sceneggiatura ben costruita, con delle sorprese, con delle trovate originali e ben inserite. La grafica e l’animazione sono ottime, neanche a dirlo: gli studi Pixar sanno sempre il fatto loro. Non è il classico cartone per bambini: è studiato per loro, ma può essere visto da chiunque, anche dagli adulti, senza cadere nella noia delle sciocchezze da film d’animazione. Una buona storia, con dei messaggi classici: “Segui le tue passioni” (molto American Dream) e “L’importanza della famiglia” (molto meno American Dream, più italo-americano o messicano, in questo caso). Interessante è l’idea che l’anima dei defunti sparisca dall’aldilà quando nessun vivente ne conservi più il ricordo. Questa caratteristica fa venire in mente una lampante similitudine con il film italiano Mortacci, di Sergio Citti, 1989, dove le anime sparivano dal mondo spirituale nel momento in cui non c’era più nessun essere vivente a conservare il loro ricordo. Molto probabilmente, i due registi non sono a conoscenza di questa pellicola nostrana, ma rimane comunque una gradevole coincidenza questa similitudine tra due lavori così lontani nel tempo e nei contenuti (Così lontano così vicino, per dirla con un titolo di Wim Wenders). Coco è un prodotto d’animazione ricco di dettagli, con belle ambientazioni, particolari personaggi e figure, come il cane/spirito guida Dante che accompagna Miguel nel viaggio in questo mondo spettrale: non è più Virgilio l’accompagnatore nell’aldilà, ma lo è Dante. Un film per tutti, piacevole, scorrevole, con personaggi ben descritti e dettagliati, con una trama che si sviluppa sempre di più nel divenire: utile per staccare la spina senza per forza annullare il cervello.
Silvio Gobbi