Si intitola “Sanseverino ventosa” ed è dedicata alla più enigmatica tra le forze della natura, l’ultima opera dello scrittore settempedano Raoul Paciaroni realizzata per la collana che il Comune di San Severino ha dato alle stampe fin dal 1981 e che è arrivata a contare ben 33 volumetti, curati sempre dallo stesso autore. “Con studio alacre e competente stavolta Paciaroni – scrive nella presentazione il sindaco Cesare Martini – ha cercato negli annali municipali e soprattutto nelle carte degli archivi notizie e documenti di forti venti che, nel corso dei secoli, hanno interessato il territorio sanseverinate per mettere insieme un catalogo con la successione cronologica degli eventi meteorologici più significativi dei quali è restata memoria. Si tratta di un aspetto importante della nostra storia climatica, finora mai studiato, che consente di fare un paragone tra il tempo raccontato di una volta e quello misurato della modernità. San Severino è spesso dominata dal vento e, benché non abbia la notorietà di Urbino, che è stata celebrata per questa caratteristica dal poeta Giovanni Pascoli, ha un rapporto piuttosto “sentito” con questa forza della natura”. Un antico blasone popolare, ancora oggi molto noto, così definisce questo rapporto: “San Sivirì d’argento o piòe, o sona a mòrto, o tira vento”. Ma forse sono stati sempre un po’ troppo esagerati gli abitanti dei paesi vicini nell’appioppare questo motto satirico alla bella cittadina del maceratese visto che essa non si differenzia molto dagli altri centri della regione per il numero delle giornate piovose o dei funerali celebrati. C’è, invece, un fondo di verità – e questo è ben illustrato nel nuovo volume di Raoul Paciaroni – nel caratterizzare San Severino Marche come cittadina ventosa perché, in realtà, questo fenomeno atmosferico è qui più intenso e frequente che altrove. “Fin dal 1841 – scrive Paciaroni nel suo libro – il medico condotto Cesare Barbieri aveva fornito brevi cenni sulle temperature e sui venti predominanti a San Severino nelle diverse stagioni dell’anno”. Il conte Severino Servanzi Collio, in un saggio inedito intitolato “Cenno sopra la città di Sanseverino”, sottolineava invece “l’effetto benefico delle correnti che scendevano dalla valle del Potenza per la salubrità dell’aria”. Appartiene al passato anche l’espressione popolare “Sventatora” che descrive quel tratto di angusta vallata tra San Severino e Castelraimondo, dove il monte di Serripola e il monte S. Apollinare cercando di congiungersi, e dove spira un’aria che si fa particolarmente sentire. Uno scrittore settempedano del Seicento, Vincenzo Scampoli, parla in una sua opera addirittura delle ripercussioni che l’aria fine e sana ha sul fisico e sul carattere degli uomini. “Oggi – scrive ancora Paciaroni nel suo volume di ricerca – il vento che soffia più o meno forte lascia la maggior parte della gente indifferente, o al massimo infastidita. Un tempo, invece, tutte le manifestazioni atmosferiche erano osservate e vissute con apprensione per le conseguenze che potevano avere sui raccolti e sulla salute e quindi sulla vita stessa delle popolazioni”.