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Povere creature!
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“Povere creature!”, il film del regista greco Yorgos Lanthimos

Yorgos Lanthimos ha sempre saputo distinguersi: piaccia o meno, a prescindere dai gusti che si hanno, il suo cinema non lascia mai indifferenti, tanto per i temi trattati quanto per la regia inconfondibile. Con il suo nuovo film, Povere creature!, il regista greco continua nel suo eccesso, con un’opera dissacrante, drammatica e comica, ironica e caustica (il soggetto è preso dall’omonimo romanzo di Alasdair Gray). Un lungometraggio fatto di luci e ombre, tonalità dark e gotiche, colori sgargianti e cupi che si rincorrono di continuo, ambientato in un’epoca vittoriana rielaborata e surreale. La protagonista è Bella Baxter (Emma Stone), una giovane donna riportata in vita dall’eccentrico chirurgo Godwin Baxter (Willem Dafoe): la ragazza si era suicidata, ma il medico ha recuperato in tempo il corpo e ha impiantato in lei il cervello del feto che aveva in grembo, così ha riportato in vita la donna, ma con la mentalità di una bambina. La mente di Bella cresce velocemente, si adatta al mondo, struttura il proprio pensiero, apprende il linguaggio e i piaceri della vita (e del sesso): verrà monitorata da un allievo di Godwin, Max McCandless (Ramy Youssef), un giovane medico che si innamorerà di lei. Ma a Bella non basterà l’amore di Godwin e di Max, vuole conoscere il mondo e vivere ogni esperienza, tanto positiva quanto negativa: vuole divorare la vita in ogni sua forma, e così parte per un ardito viaggio con un avvocato donnaiolo, Duncan Wedderburn (Mark Ruffalo), e scoprirà ogni piacere ed ogni dolore dell’esistenza.

Povere creature! ha vinto il Leone d’oro alla Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia 2023 e due Golden Globe (“Miglior film commedia o musicale” e “Migliore attrice in un film commedia o musicale” a Emma Stone). Inoltre, è in gara agli Oscar per molte categorie, come “Miglior film”, “Miglior regia” e “Miglior attrice protagonista”.

Questo lungometraggio è ricco di tematiche, dolce e amaro al contempo: Bella è una spugna, vuole assorbire ogni esperienza di vita, è una tabula rasa piena di vita e di curiosità (e l’interpretazione di Emma Stone è di alto livello). La sua libertà spiazza gli uomini che ha intorno e genera in loro sentimenti di amore e odio (chi la ama veramente, la lascia libera; chi, invece, la vuole possedere, va incontro alla disfatta). In un mondo dai colori inusuali e surreali, Lanthimos racconta l’Odissea della sua protagonista: incredibilmente autonoma, pronta a conoscere la libertà ad ogni costo, e capace di sbigottire chiunque con le sue trovate ed il suo atteggiamento spiazzante.

Lasciata la casa “paterna”, dove Godwin la teneva al sicuro, circondata dagli animaletti frutto degli esperimenti del dottore (come galline incrociate con i maiali, creature che ricordano i dipinti di Hieronymus Bosch e le sculture di Thomas Grünfeld), la fanciullezza di Bella termina, le tonalità di grigio svaniscono e appare il mondo in tutti i suoi colori. Il mondo è complesso e distorto: il classico grandangolo di Lanthimos (cifra stilistica frequente nei suoi film) e l’ossessivo fish-eye, deformano la realtà, perché la realtà stessa è mostruosa e piena di storture (la ragazza lo capirà sulla sua pelle). Bella abbandona la casa paterna, soddisfa la sua innata curiosità (e ci riesce, a differenza degli sfortunati protagonisti di Dogtooth) e diventa padrona di sé e del suo destino. La forza di Bella matura attraverso l’estrema esperienza sessuale che vive e tramite lo studio, nel crescente amore che la donna sviluppa nei confronti della cultura, della filosofia, della medicina: diventa padrona del proprio corpo e della propria mente, attraverso un percorso complesso ed anche violento. Povere creature! è una favola non convenzionale che rievoca Frankenstein e la sua autrice, Mary Shelley: le citazioni all’opera e alla vita dell’autrice sono molte, dalla creazione di Bella ai nomi utilizzati (il filosofo William Godwin fu il padre di Mary Shelley e William Baxter fu una figura fondamentale per la formazione della scrittrice). Ma, tra le molte differenze rispetto all’opera di Shelley, questa volta il creatore ama la sua creatura e, donandole la vita, accetta di riconoscerne anche la libertà di cui ha diritto: una libertà che non poteva non stimolare un regista come Yorgos Lanthimos.

Silvio Gobbi

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